mercoledì 8 febbraio 2012

CHI NON CONOSCE UNO COSI'? : L'INTENDITORE DI BICICLETTE (JEROME K. JEROME) 2 parte

Egli poi disse che, giacchè ci si trovava, avrebbe esaminato la catena e subito cominciò a togliere il carter. Provai a persuaderlo di non farlo. Gli dissi ciò che un amico di grande esperienza una volta mi aveva raccomandato :" Se qualche cosa non va nel carter, vendi la macchina e comprane una nuova;ti costerà di meno"
Egli disse:" Parlano così quelli che non si intendono di macchine. Non c'è nulla di più facile che togliere un carter".
Dovetti confessare che aveva ragione. In meno di cinque minuti il carter giaceva in due pezzi a terra, ed egli strisciava con le mani e coi piedi cercando le viti. Aggiunse che gli era sempre rimasto un mistero il modo come sparivano le viti.
Stavamo ancora cercando le viti, quando apparve Etelberta. Sembrò sorpresa di trovarci lì; credeva che fossimo partiti da un secolo.
Egli disse:" Fra poco. Sto appunto aiutando vostro marito a mettere in ordine la macchina. E' una buona macchina; ma tutte debbono essere di tanto in tanto regolate."
Etelberta disse: " Se volete lavarvi quando avrete finito, potrete, se non vi dispiace, andare nella retrocucina: le donne hanno appunto adesso terminato di riassettare le stanze."
Ella mi disse che se incontrava Caterina probabilmente avrebbero fatto una gita in barca: ma che in qualunque caso lei, per l'ora della colazione, sarebbe stata di ritorno. Io avrei pagato una sterlina per andare con lei . Mi sentivo veramente male a star lì impalato a guardare quello sciocco che mi rompeva la bicicletta.
Il senso comune continuava a bisbigliarmi:" Fermalo, prima che commetta qualche malanno. Tu hai il diritto di difendere la tua proprietà dagli assalti di un matto. Afferralo per la collottola, e buttalo a calci fuori dal cancello".
Ma io sono debole quando si tratta di offendere i sentimenti altrui e lo lasciai fare.
Egli rinunziò a cercare il resto delle viti. Disse che le viti avevano l'abitudine di presentarsi quando meno si aspettavano; e che intanto avrebbe pensato alla catena. La strinse finchè essa non si potè più muovere: poi l'allentò finchè non fu due volte più lenta di prima. Poi disse che era meglio rimettere a posto la ruota anteriore.
Io tenni aperta la forcella, ed egli si affaccendò intorno alla ruota. Dopo dieci minuti gli suggerii di tener lui la forcella: alla ruota ci avrei pensato io; e cambiammo di posto. Alla fine del primo minuto egli lasciò cadere la macchina, e fece una passeggiatina sullo spiazzo del croquet con le mani strette insieme fra le cosce. Spiegò, mentre passeggiava così, che bisognava stare attenti a non farsi male alle dita tra la forcella e i raggi della ruota. Risposi ch'ero persuaso, per esperienza, della verità di ciò che diceva. Si fasciò con un paio di stracci e ricominciammo di nuovo. Finalmente riuscimmo a mettere la ruota a posto, e nel momento che era a posto, egli scoppiò in una risata.
Dissi: " Che cosa c'è?"
Egli disse: "Sapete, sono un somaro!"
La prima cosa che diceva che m'inducesse a rispettarlo. Gli chiesi che cosa lo avesse condotto a quella scoperta.
"Abbiamo dimenticato i pallini!" - rispose.
Cercai il cappello; giaceva rovesciato in mezzo al viale, e il diletto levriero di Etelberta inghiottiva i pallini con la rapidità con cui li raccoglievamo.
"Si ucciderà - disse Ebbson... Non l'ho mai più incontrato da quel giorno, grazie a Dio; ma credo che si chiamasse Ebbson - sono di solido acciaio:"
Io dissi: "Non m'importa del cane. S'è già mangiato in questa settimana un laccio da scarpe e un pacchetto di aghi. La natura è la guida migliore; i piccoli levrieri par che abbiano bisogno di questa specie di stimolanti. E' la bicicletta che m'importa"
Egli era d'indole allegra, e disse: "Bene, rimetteremo tutti quelli che potremo trovare, e per il resto confidiamo nella Provvidenza"


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