sabato 29 giugno 2013

LA SELVA D'ARGENTO ( Renzo Pezzani)

Selvetta d'anni, più folta
di bei racconti e di sonno
era la barba del nonno,
ed io il bimbo che ascolta.

che crede, che cerca ancora
un quieto lume di favola
come tra muschi la fragola
e nel cespuglio la mora.

La barba, un bosco d'argento
d'esili alberi spogli,
non ha paura che il vento
entri, lo scuota, lo spogli.

La pipa gialla di schiuma
che cova un occhio di brace
è la casetta che fuma,
che custodisce la pace:

la culla dell'innocenza,
l'acqua nel secchio di rame,
il pane nella credenza,
una bracciata di strame;

la casa del legnaiolo
dove si ferma ogni tanto
la Fiaba a prendere incanto
e un fischio di rosignolo;

e un po' di luna, la sera;
e , quattro passi distante,
un sorso d'acqua sincera
alla fontana parlante.

Re, cacciatori smarriti,
lungi dai cani e dai servi,
mentre con lunghi bramiti
sull'erba muoiono i cervi,

qui dove sangue non cola
hanno cercato un ricovero,
qui nacque un giorno la fola
del re che siede col povero

ed è felice sia pure
del chicco e lascia lo staio,
posa la spada e una scure
prende e diventa operaio.

C'era una vecchia, più vecchia
della terra a filar lana;
batacchio nella campana
aveva un'ape nell'orecchio,

e quell'ape del Signore
le teneva compagnia.
Le diceva :"E' nato un fiore!"
E la vecchia :"Così sia!".

Le diceva :"Manca il sale!"
Lei piangeva appena un poco
sul paiolo messo al fuoco:
"Poco male!Poco male!"

C'è la Morte - l'ape dice -
che vi cerca e non vi trova "
"Cerco un tronco e son radice!
Qui conviene che mi muova"

Posò il fuso, prese un ramo,
si coprì d'un telo bruno;
chiuse l'uscio, disse :"andiamo!..."
Non l'ha vista più nessuno.

Un sentier c'era pur anche
dove il mio pensier cammina,
sotto rame e fratte bianche,
per la neve e per la brina,

nella barba del mio nonno
così forte e così fina.
Lo trovavo al primo sonno,
lo smarrivo alla mattina.

Si sentia su quella traccia
così lieve, così vaga,
batticuore che dilaga,
uno strepitio di caccia;

vessillifero di pace
contro il cielo che raggiorna,
con la croce tra le corna
compariva il cervo audace.

Compariva San Martino
mezzo al sole solicello
mezzo all'ombra d'un mantello,
qua una bacca, là uno spino;

v'incontravo la fantesca
del gigante Mucci - Mucci
così carica di crucci,
col suo sacco d'erba fresca,

così carica di male,
così sola, così muta,
così stanca e mai seduta
che piangeva nel grembiale.

Vi sentivo san Francesco
conversar col lupo nero
come due fratelli al desco...
v'ho scoperto il mondo intero.

Ma quel rider ch'io sentiva
più nell'aria che nel greto,
quella fonte esile e viva,
la freschezza e il suo segreto,

più non sento, più non sento.
Chissà mai s'è inaridita.
Forse è morta di spavento
quell'età della mia vita

ch'è felice se s'ascolta,
nella selva, così sola
dà la mano ad una fola...
Cerca un'acqua e non si volta.


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