mercoledì 19 settembre 2012

IL POETA SOLITARIO ( GIOVANNI PASCOLI)

O dolce usignolo che ascolto
   (non sai dove) in questa gran pace
cantare cantare tra il folto,
    là, dei sanguini e delle acace;

t'ho presa - perdona usignolo -
    una dolce nota, sol una,
ch'io canto tra me, solo solo,
    nella sera, al lume di luna.

E pare una tremula bolla
    tra l'odore acuto del fieno,
un molle gorgoglio di polla,
    un lontano fischio di treno...

Chi passa, al morire del giorno,
    ch'ode un fischio lungo laggiù
riprende nel cuore il ritorno
    verso quello che non è più.

Si trova al nativo villaggio,
    vi ritrova quello che c'era:
l'odore di mesi-di.maggio
    buon odore di rose e di cera.

Ne ronzano le litanie,
    come l'api intorno una culla:
ci sono due voci sì pie!
    di sua madre e d'una fanciulla.

Poi fatto silenzio , pian piano,
    nella nota mia, che t'ho presa,
risente squillare il lontano
    campanello della sua chiesa.

Riprende l'antica preghiera,
    ch'ora ora non ha perchè;
si trova con quello che c'era,
    ch'ora ora ora non c'è....

Chi sono? Non chiederlo. Io piango,
    ma di notte, perch'ho vergogna.
O alato, io qui vivo nel fango.
    Sono un gramo rospo che sogna.

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