giovedì 23 agosto 2012

la camera di Colette e i "fiocchi di neve" da . "La scrittrice abita qui " di Sandra Petrignani ed NeriPozza

Gli ultimi dieci anni della vita , che terminò nel 1954, Colette li passò in una stanza, inchiodata la maggior parte del tempo al suo letto-zattera, come lo chiamava, per una forma incurabile di artrosi.
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Quella stanza da reclusa, un tempo cuore di un appartamento parigino in rue de Beaujolais al 9, dentro Palais Royal, dove visse dall'inizio del 1938 fino alla fine, è stata conservata (in magazzino) e poi ricostruita all'interno del castello di Saint-Saveur-en-Puisaye, dove ha sede dal 1996 il Musée Colette.
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La prima impressione sulla stanza di Colette, è che non sembra la camera da letto/studio di una scrittrice. E' rosso fuoco. Come in un vecchio bordello. Rosse le pareti, foderate di seta, e anche il soffitto. Diceva che non aveva senso lasciarlo bianco se doveva passare tanto tempo distesa a guardarlo. Rosso il letto e le lenzuola. La coperta, che compare anche in tante ultime fotografie, è di pelliccia. Alcune poltroncine sono ricamate a mano da lei, broderie anglaise:fiori e farfalle. Si dedicò al punto inglese tra le due guerre, ricamava sopratutto copricuscini per sè e per le amiche che dalla campagna la rifornivano di cibo.
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Nel 1947 Truman Capote ottiene un appuntamento con la "Grande Mademoiselle", grazie all'intercessione di Cocteau e di Natalie Clifford Barney, l'Amazzone, che conosce Colette dalla giovinezza(hanno anche avuto un piccolo flirt)La vecchia scrittrice francese e il giovane scrittore americano simpatizzano tanto che lei gli regala un fermacarte di vetro (un "fiocco di neve") della sua splendida collezione ottocentesca, iniziandolo così a quel vizio costoso: Lo riceve a letto, nella stanza tutta drappi rossi, tutta luci soffuse per i foulard rosa avvolti attorno alle lampade.
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La stanza ricostruita al Museo Colette è piena di quei "fiocchi di neve" Sono stati concentrati dentro vetrine su mensole trasparenti, ma bisogna immaginare il tempo in cui fiorivano in tutta la casa di rue de Beaujolais, sui marmi dei caminetti, sparsi su scaffali e tavolini, utilizzati davvero per tenere fermi fogli svolazzanti, spostati qui e là secondo il capriccio del momento: In un raro scritto sulla madre, Colette de Jouvenel parla di questa passione per le sfere di cristallo, le biglie, le bolle di vetro che racchiudono "giardini fioriti e fondi marini" Sono bouquets miniaturizzati, pura bellezza, "acqua illustrata". Racconta di come Colette andava nei mercatini non per dare la caccia a un pezzo raro, come fanno i veri collezionisti (che non teneva in grande considerazione) ma semplicemente per trovarne un esemplare che le piacesse da cogliere al volo e a buon prezzo, come si coglie un fiore. Andare per mercati e per negozietti la divertiva tantissimo. E poi a casa "armata della sua lente d'ingrandimento rettangolare, ammirava l'anima ingenua, esclusiva e misteriosamente perfetta del suo reperto e si congratulava con la sicurezza della mano dell'anonimo artista che l'aveva creata": Piaceva a Colette la gratuità di quegli oggetti, proprio il loro non servire a niente, e poi la forma sferica, la trasparenza, il capolavoro nascosto in ciò che si considera qualsiasi, insignificante."La sfera di cristallo, abisso, trappola per immagini, risorsa di uno spirito stanco, generatrice di chimere..."scrisse nel Voyage égoiste. In quel libro di ricordi, articoli, riflessioni raccontò anche la storia delle biglie di vetro che le regalò René Lalique, oggi conservate nel suo museo. Sembrano "caramelle sempre pronte per essere succhiate" blu, gialle, arancioni, bianche, verdi, celesti, tutte le sfumature dell'acqua, delicate e ipnotiche, come bolle di sapone:"I nostri bambini non trovano più biglie per giocare" scrisse a Lalique, avendo deciso di comprare le palline di vetro direttamente alla fonte. E Lalique rispose con l'invio di cento biglie multicolori, ma erano così belle che i bambini continuarono a non averle: Colette se le tenne per sè.
Con un gatto grigio steso sulle gambe e le labbra sottili dipinte di rosso scarlatto "come quelle di una vera donna di strada" , Colette illustra a un Capote incantato l'arte dell'antica cristalleria: Gli parla, come se gli raccontasse una favola, dei Baccarat, dei Saint-Louis, dei Clichy: Gli spiega che i pezzi più belli sono stati fabbricati fra il 1840 e il 1880 e che lei ha cominciato a collezionarli prima dell'ultima guerra, quando non andavano di moda. Perciò ha ha fatto affari magnifici, mentre "oggi un bel pezzo costa una fortuna" e così dicendo gli mette in mano un Baccarat sfaccettato, e che non contiene nemmeno una bolla d'aria, e che racchiude una rosa bianca: E quando lui protesta che  non può assolutamente accettare, la vecchia signora gli dice :"ma caro, che senso avrebbe regalare qualcosa che ci appartiene, se non ci teniamo?".



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