lunedì 27 agosto 2012

FORMAZIONE DEGLI ARTISTI da "La vita quotidiana a Parigi ai tempi del Re Sole di J. Wilhelm

Quando un bambino che non apparteneva a una famiglia di artisti dimostrava inclinazione al disegno, lo si metteva a fare l'apprendista - verso gli undici, dodici anni - presso un pittore o uno scultore e il contratto - stipulato davanti al notaio - specificava i precisi doveri reciproci. Per i genitori si trattava di una spesa notevole, per almeno tre anni, a volte molto di più. Come tutti gli apprendisti, il bambino serviva come domestico nel laboratorio, puliva le tavolozze, mescolava i colori, preparava le tele, e questo per molto tempo prima di essere autorizzato a tenere in mano un pennello. Se entrava a fare l'apprendista da un maestro pittore doveva, in base alle regole della comunità, rimanervi cinque anni, poi farne altri quattro come lavorante, prima di poter aspirare a diventare maestro a propria volta. Nel 1656, delle lettere patenti vietarono a tutti gli artisti, eccettuati i membri dell'Accademia reale, di aprire una pubblica scuola di disegno e quella che aveva organizzato fin dal 1648 la comunità dei maestri pittori venne quindi soppressa, almeno in teoria, dal momento che nel 1664 si dovette rinnovare l'ordinanza. Solo nel 1705, visto il bisogno di denaro per le casse dello Stato, il re fu costretto a vendere alla comunità il diritto di riaprire la scuola e di farvi posare modelli dal vero. Tuttavia, un maestro pittore non aveva più- ormai da parecchio tempo-alcuna speranza di fare una brillante carriera e di poter sfruttare commesse ufficiali. La lotta tra la Regia Accademia e la corporazione si concluse, dunque, con il trionfo della prima, malgrado la resistenza di artisti della fama di un Mignard, che dovettero alla fine rassegnarsi. A partire dal 1663 si può dire che, tranne rare eccezioni, tutti i pittori di talento erano accademici. Bisognava far parte di una qualche corporazione per avere il diritto di vendere le proprie opere. I maestri pittori, però, non furono presi in considerazione. Tuttavia, fino al 1674, sembra che la corporazione dei pittori di Saint-Germain-des-Près avesse continuato ad accogliere- sotto la mite ferula dell'abate- parecchi artisti stranieri, spesso pieni di meriti, i quali, perseguitati dalla corporazione parigina, non potevano vendere le loro tele se non nel territorio dell'abbazia e, in particolare, alla fiera di Saint-Germain,che godeva delle medesime prerogative. Sfortunatamente, per recarsi da rue du Sépulcre (l'attuale rue du Dragon), dove molti di essi avevano le loro botteghe, fino alle bancarelle della fiera, i pittori dovevano attraversare un terreno che apparteneva alla città, dove gli ufficiali di polizia incaricati dalla corporazione li attendevano al varco per sottrarre loro le tele. Essi dovevano perciò attendere la notte o ricorrere a stratagemmi vari. Gli apprendisti che avevano la fortuna di appartenere al laboratorio di un famoso accademico, presso il quale studiavano spesso numerosi allievi, potevano sperare in un futuro fausto. I laboratori di Jacques Sarrazin, degli Anguier, di Magnier aveva formato grandi scultori. Il principale laboratorio di pittura parigino era stato, sotto Luigi XIII, quello di Simon Vouet. Gli ultimi suoi allievi espressero il loro talento solo il regno di Luigi XVI, per esempio Mignard, poi Le Brun, il quale avrebbe fatto scuola a propria volta. Fin dalla sua fondazione la Regia Accademia di pittura e scultura cercò di organizzare un insegnamento artistico. Essa si insediò nel Palais Brion, parte del Palais Cardinal, dove inizialmente stava la biblioteca di Richelieu, poi al Louvre. Alla scuola dell'Accademia i giovani alunni imparavano non solo a disegnare, ma seguivano conferenze dedicate alla storia religiosa, a quella antica, alla mitologia, nonchè alla prospettiva e all'anatomia. Tale formazione rendeva loro familiari i temi più ricercati, che nessuno ormai riesce più a decifrare. La pittura storica, che costituiva il genere più elevato, doveva in effetti comportare un insegnamento morale. Il soggetto dell'opera era considerato altrettanto importante della sua resa plastica, tenuto conto del fatto che ogni accademico aveva notevoli cognizioni tecniche e sapeva tutto dell'"espressione delle passioni", che era stata oggetto di approfonditissimi studi da parte di Le Brun. La scuola imponeva allora uno stile. E' un dato tipico dell'accademismo.

Le Brun- le espressioni




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