martedì 11 settembre 2012

I FIORI (S. Mallarmé 1849-1898)

Dalle valanghe d'oro dell'azzurro (all'aurora
del mondo ) e dalle nevi eternali degli astri,
tu dispiccasti, Dio, i grandi calici - allora
per la giovine terra, vergine di disastri.

Il gladiolo fulvo, i cigni alabastrini;
e quell'alloro etereo dell'anime esiliate,
rosso siccome l'alluce puro dei Serafini,
che invermiglia il pudore dell'albe violate.

Il giacinto ed il mirto, dal balenio divino;
e - di carni feminee - la disumana rosa,
Erodiade pomposa del florido giardino:
quella che, radioso, un truce sangue arrosa.

Ne traesti, dei gigli, singhiozzante, il candore,
che oceani di sospiri interminati sfiora,
e per gli azzurri incensi di tramonti in pallore,
trasognando, risale alla luna che plora.

Osanna a Te sul Sistro, e a Te dall'incensiere!
Osanna, o Padre, a Te, quaggiù dai nostri Limbi!
E lo prolunghi l'eco, per le mistiche sere,
in estasi di sguardi e in scintillio di n imbi,

o Padre, che creasti, nel cuore giusto e forte,
calici di promessa, al calice incantato,
intento a ricolmarsi d'un balsamo di morte,
per il poeta esausto, dalla vita prostrato.

fotografia Piero Reggio

Nessun commento:

Posta un commento