giovedì 21 luglio 2011

UNA VISITA A MARCEL PROUST AL 102 DI BOULEVARD HAUSSMANN (DA TORRI D'AVORIO DI G. SCARAFFIA ED EXCELSIOR 1881)

Il visitatore ,una volta ottenuto un appuntamento per le undici, veniva accolto all'ingresso dello stabile dal garbatissimo Antoine, anche lui, come Nicolas e la moglie, Celine, un tempo al servizio della madre di Proust. Il portinaio gli faceva strada fino all'ascensore, accanto alle belle scale nere e oro. Finalmente s'apriva la porta sulla moquette rossa dell'ingresso, e un grosso servitore esaminava sospettosamente gli invitati sconosciuti, prima d'introdurli nel salottino. Lì per mitigare il freddo veniva acceso un piccolo fuoco nel caminetto. Durante la breve attesa si poteva ammirare, splendida e intonsa, l'edizione di lusso delle opere di Robert de Montesquiou. Poi riappariva il domestico e al suo seguito si traversava una grande stanza zeppa di mobili e di sedie coperte dalle usse. Pile di libri s'alzavano sui tappeti. In un angolo s'intravedeva, tra uno specchio e un vaso cinese, il famoso ritratto di Blanche. Di lì una porta s'apriva sulla stanza di Proust.
Tutto era minutamente organizzato in quella che era l'unica stanza veramente vissuta della casa. Come unn capitano in partenza per una crociera prolungata e priva di scali, lo scrittore aveva scelto accuratamente gli oggetti e i viveri spirituali da portare con sè. Ogni cosa, in quella penombra, era intimamente intrisa di memorie care e talvolta strazianti.
Le persiane erano sempre ermeticamente chiuse sulle alte finestre che davano sul boulevard. La tinta dominante era il blu, dalle pesanti tende di raso foderate di mollettone al grande lampadario centrale, sempre spento come i globi dei due lumi posti a guardia, sul caminetto, di una pendola in bronzo....
I libri s'accatastavano sull'imponente scrivania di quercia, accanto al camino. Nella parete di fronte altri volumi affollavano due biblioteche girevoli.Foto di famiglia, sopratutto della sua prima infanzia, erano poste su un mobiletto cinese in cui erano contenuti i contanti e la documentazione bancaria.Dal soffitto calava un  grande specchio, in cui si riflettevano due coppe bianche, da cui emergeva una statuina del Bambin Gesù incoronato di grappoli d'uva. Le sosteneva il piano di marmo di un massiccio comò di palissandro. Sempre sul marmo stavano i trentadue quaderni dalla copertina in finta pelle, con le prime versioni dell'opera.In quella grande stanza, Proust si era riservato uno spazio ristretto, popolato da mobili modesti, se si eccettua un grande paravento cinese, dietro la testiera del letto, fatta di semplice sbarre di rame. Un tappeto orientale faceva da scendiletto sul parquet di quercia. Su un  leggero tavolino Thonet in finto bambù uno strato di fazzoletti conviveva con pile di libri e la borsa del'acqua calda. Un antico comodino di palissandro ospitava l'orologio, la lampada, il calamaio dei tempi della scuola, le penne, i taccuini per gli appunti e i manoscritti. Il vassoio del caffè, il tiglio o l'acqua di Evian venivano posati su un piccolo tavolo di noce, Una sola poltrona, rivestita di velluto di Genova, accoglieva il visitatore.
Se stava bene, Proust riceveva ben dritto sul letto, se l'asma l'aveva colpito, venivano ammessi soltanto i più intimi, che lo distinguevano appena nel fumo della polvere medicinale bruciata su un piccolo candeliere.

Proust ritratto da E. Blanche

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