martedì 30 ottobre 2012

oggi è proprio così :Brinata di Rosalia Calleri

La terra era squallida e grigia
  e grigio e monotono il cielo,
  l'inverno riaprì la valigia
  e poi disse al gelo:
  - Ricama con mano gentile
  quest'umida nebbia sottile.

Il gelo si mise al lavoro,
  sui penduli rami tramanti
  profuse con arte un tesoro
  di perle e diamanti,
  e all'alba del nuovo mattino
  la terra fu tutto un giardino.

Il sole dai monti si affaccia
  i candidi fiori a guardare;
  la nebbia fumosa discaccia,
  li viene a baciare;
  e allora si rompe l'incanto.
  I fiori si sciolgono in pianto.




lunedì 29 ottobre 2012

L'ARTE E L'ARTISTA di Ernst H. Gombrich

...E' affascinante seguire l'artista nel suo sforzo di raggiungere l'equilibrio perfetto, eppure, se gli domandassimo perchè ha fatto questo o ha cambiato quello, forse non ce lo saprebbe spiegare. Egli non segue regole prestabilite. Sente così, e basta. E' vero che in certi periodi artisti e critici hanno cercato di formulare le leggi della loro arte; ma il risultato fu sempre che artisti scadenti non ottennero nulla tentanto di applicare queste leggi, mentre i grandi maestri potevano infrangerle e raggiungere, ciononostante, un'armonia impensata. Quando il celebre pittore inglese sir Joshua Reynolds spiegò agli studenti della Royal Academy che l'azzurro non deve apparire nel primo piano dei quadri, ma deve essere riservato agli sfondi lontani e ai colli che sfumano all'orizzonte, il suo rivale Gainsborough, a quanto si dice, volendo dimostrare che queste regole accademiche sono per lo più prive di senso. dipinse il famoso Ragazzo in azzurro, il cui vestito al centro e in primo piano si staglia splendidamente sul bruno caldo dello sfondo.
La verità è che riesce impossibile stabilire regole del genere, perchè non si può mai conoscere in precedenza l'effetto che l'artista vuole raggiungere .
...


domenica 28 ottobre 2012

luci...

NON HANNO SENSO
LE LUCI - IN QUESTA STANZA
QUATTRO PER TRE.



solo il gatto dà un senso...

sabato 27 ottobre 2012

LA PREGHIERA (GIUSEPPE UNGARETTI)

Come dolce prima dell'uomo
Doveva andare il mondo.

L'uomo ne cavò beffe di demoni,
La sua lussuria disse il cielo,

La sua illusione decretò creatrice,
Suppose immortale il momento.

La vita gli è di peso enorme
Come liggiù quell'ale d'ape morta
Alla formicola che la trascina.

Da ciò che dura a ciò che passa,
Signore, sogno fermo,
Fa' che torni a correre un patto.

Oh! rasserena questi figli.

Fa' che l'uomo torni a sentire
Che, uomo, fino a te salisti
Per l'infinita sofferenza.

Sii la misura, sii il mistero.

Purificante amore,
Fa' ancora che sia scala di riscatto
La carne ingannatrice.

Vorrei di nuovo udirti dire
Che in te finalmente annullate
Le anime s'uniranno
E lassù formeranno,
Eterna umanità,
Il tuo sonno felice.

venerdì 26 ottobre 2012

ALLA MIA ANIMA ( RAMON JIMENEZ)

Ha sempre il ramo pronto per accogliere
la rosa al suo momento; sempre all'erta,
l'orecchio caldo alla porta del corpo,
se mai giunga la freccia inaspettata.

Nessuna onda ti giunge dal nulla,
senza rapire alla tua ombra offerta
la migliore luce. Di notte, sei desta
nella tua stella, desta con la vita.

Segno indelebile poni alle cose.
Dopo, tornata gloria delle cime,
tu rivivrai in tutto quello che segni.

La tua rosa sarà norma alle rose;
dell'armonia, il tuo udire; delle luci
il tuo pensare; il vegliare, alle stelle.

giovedì 25 ottobre 2012

LA SERA ( RAINER MARIA RILKE)

Vien da lungi la Sera, camminando
per l'abetaia tacita e nevosa.
Poi, contro tutte le finestre preme
le sue gelide guance: e, zitta, origlia.
Si fa silenzio, allora, in ogni casa.
Le madri stanno siccome regine.
Cade di mano alle fantesche il fuso.
Siedono i vecchi, meditando I bimbi
non si attentano ancora ai loro giuochi.
La Sera ascolta, trepida, pei vetri:
tutti, all'interno, ascoltano la Sera.



lunedì 22 ottobre 2012

DALL'IMMAGINE TESA (Clemente Rebora 1885 - 1957)

Dall'immagine tesa
vigilo l'istante
con imminenza d'attesa -
e non aspetto nessuno:
nell'ombra accesa
spio il campanello
che impercettibile spande
un polline di suono -
e non aspetto nessuno:
fra quattro mura
stupefatte di spazio
più che un deserto
non aspetto nessuno.
Ma deve venire,
verrà, se resisto
a sbocciare non visto,
verrà d'improvviso.
Verrà quasi perdono
di quanto fa morire,
verrà per farmi certo
del suo e mio tesoro,
verrà come ristoro
delle mie e sue pene,
verrà, forse già viene
il suo bisbiglio.


sabato 20 ottobre 2012

dolce sabato d'ottobre...

Dolce sabato d'ottobre: le Langhe sono avvolte da un pulviscolo d'oro, le Alpi sembrano così vicine, l'aria è calda. Lungo la pista ciclabile fiorisce il trifoglio e e prospera l'acetosa ;   sul balcone   i crisantemi sono vicini alle  primule, le bocche di leone alle petunie e alle portulache. il basilico sfoggia ancora grandi e profumate foglie.Nel giardino ci sono ancora rose e ortensie fiorite, ma sono sfiorite le settembrine. Il gatto dei vicini è in piena attività, questa dolce stagione gli ha dato nuova voglia di caccia e non si ritira che quando viene la notte. Il nostro bellissimo e amato viale degli Angeli ha fermato la caduta delle foglie, anzi sembra essere tornato in piena estate, ombroso e ristoratore. Quanto durerà ?

fotografia Piero Reggio

venerdì 19 ottobre 2012

non tornare indietro...

Non tornare indietro
con il pensiero
troverai tuo padre
tua madre
Ti appariranno
bianchi
come la luna
Ti prenderanno
il sonno
la notte
e non potrai resistergli.
Ti troverai bambino
nella casa
di un tempo
e la disperazione
sarà lì
pronta
con forza.
Non tornare
indietro
troverai
misteriose notti
folli cavalcate
giochi proibiti.
Ti troverai
marinaio
cavaliere
re
imperatore.
Non tornare indietro
con il pensiero;
come potrai vivere
adesso
che insieme
leghi nel tempo
giorni e ferro
sorrisi
senza colore.

giovedì 18 ottobre 2012

niente di nuovo ; spreco di cibo e amoralità : da "Il signor giardiniere " di F. Richaud ed Ponte alle Grazie

...Verso la fine della cena, il Re raggiante si era rivolto al giardiniere:"Siete un artista, La Quintinie!" Sì, il suo lavoro aveva nutrito gli uomini. Ma in quale modo!Aveva riconosciuto a stento le ortaglie che gli erano passate davanti. Ortaggi freddi, annegati in salse dense, carni complicate e vino spumante. Aveva visto il Re disdegnare la forchetta e ingurgitare alla rinfusa due dozzine di ostriche, un piatto d'insalata, della pecora, un vassoio di pasticcini, e poi ancora frutta e uova sode. Peggio: non l'aveva sorpreso, con alcuni cortigiani, intento a lanciare di nascosto piselli e palline di mollica in abbondanza sulla testa di una giovane che accettava ridendo di fare da bersaglio? "A volte " aveva celiato Namour, "sono mele o arance!"
Tutti si erano congratulati per le prodezze del giardiniere e del cuoco. Ma chi aveva badato a ciò che mangiava? Nessuno. E lui, sperso in mezzo a tutti quegli uomini, rammentava la lenta nascita dei suoi asparagi, dei suoi piselli e dei suoi fichi, la greve circolazione della linfa tra i rami, il travaglio delle sue piante che, giornalmente, pativano il freddo o la sete per dare il meglio di loro stesse.
"E se passassimo al biliardo, signori?" aveva d'un tratto esclamato il Re finendo di pulirsi le dita con un tovagliolo umido. Tutti si erano alzati in piedi. Il giardiniere era rimasto seduto. "Allora, venite, La Quintinie?" "Vengo, signor Namour, vengo..."
Aveva aspettato che gli ultimi invitati fossero scomparsi. Lentamente, aveva raggiunto la porta rimasta spalancata. Dalla sala di Diana gli erano arrivate le esclamazioni dei cortigiani che già si entusiasmavano per la destrezza del Re. Allora era uscito di gran carriera, aveva imboccato i corridoi che portavano verso il parco di Le Notre.
Si ritrovava ora sotto il cielo trapunto di stelle. Dietro la facciata scura del castello risonavano le urla di migliaia di cortigiani; e le luci delle torce, riflesse dallo specchio delle vasche, rischiaravano l'altra parte del cielo.Costeggiò l'aranceto in direzione del suo giardino illuminato dalla luna. Cos'aveva da spartire, lui, con tutta quella gente che ignorava il  mondo intero e se ne teneva separata con strati di cipria, di tacchi, di parrucche, di gelatine e di salse; tutta quella gente che aveva visto divorare in brevissimo tempo quel che a lui era costato una vita di lavoro; tutta quella gente che si distraeva con il cibo troppi ricco, troppo abbondante e che, pian piano, aveva finito col dimenticare chi era?






mercoledì 17 ottobre 2012

SONATA . 14 "AL CHIARO DI LUNA "(Vincenzo Rippo 1947- 1970)

Sonata n. 14 "Al chiaro di luna" di Beethoven
e pesanti cornici d'oro dei quadri
nella stanza di sera, senza elettricità.
E tu sorridevi ancora
dalla poltrona rossa.
Ancora una volta ricordo: ancora una volta
mi son fermato.
Al di sotto dei quadri
la vita si rinnova, miracolosa
fissità d'infinito congiungersi
di spazi nella carta ingiallita dei libri
polverosi.
Cogliamo per un momento
l'inavvertibile palpito
di te, donna passata
velocemente di qui,
nel tuo largo vestito di trine.
Agili le dita sul pianoforte
la pena si rincorre più triste che mai;
ci sorridiamo, in silenzio,
nello sforzo di intenderci
nella nostra malinconia.







martedì 16 ottobre 2012

LA CASA (Cesare Pavese 1908-1950)

L'uomo solo ascolta, la voce calma
con lo sguardo socchiuso, quasi un respiro
gli alitasse sul volto, un respiro amico
che risale, incredibile, dal tempo andato.

L'uomo solo ascolta la voce antica
che i suoi padri, nei tempi, hanno udita, chiara
e raccolta, una voce che come il verde
degli stagni e dei colli incupisce a sera.

L'uomo solo conosce una voce d'ombra,
carezzante, che sgorga nei toni calmi
di una polla segreta : la beve intento,
occhi chiusi, e non pare che l'abbia accanto.

E' la voce che un giorno ha fermato il padre
di suo padre, e ciascuno del sangue morto.
Una voce di donna che suona segreta
sulla soglia di casa, al cadere del buio.

fotografia Piero Reggio

lunedì 15 ottobre 2012

VENEZIA di Marcel Proust

... La sera, uscivo da solo, nella città incantata, perdendomi fra quartieri sconosciuti come un personaggio delle Mille e una notte. Era rarissimo che non m'avvenisse di scoprire per caso, durante le mie passeggiate, qualche piazza sconosciuta e spaziosa di cui nessuna guida, nessun viaggiatore mi aveva parlato. Ero penetrato in un intrico di straducole, di calli. Di sera, con i loro alti camini svasati cui il sole reca i rosa più vivi, i rossi più chiari, sopra le case sembra fiorire tutto un giardino, con tanta varietà di sfumature che lo diresti, coltivato sulla città, il giardino d'un appassionato di tulipani di Delft o di Haarlem. E poi l'estrema vicinanza delle abitazioni faceva d'ogni crocicchio la cornice dalla quale sogguardava fantasticando una cuoca, o una ragazza che, seduta, si faceva pettinare da una vecchia dal profilo, indovinato nell'ombra, di strega, tramutando in una esposizione di centro quadri olandesi giustapposti ogni povera casa silenziosa e contigua alle altre a causa dell'estrema strettezza di quelle calli.Compresse le une contro le altre, quelle calli dividevano in ogni direzione, con le loro scanalature, il settore di Venezia ritagliato fra un canale e la laguna, come se si fosse cristallizzato seguendo quelle forme innumerevoli, tenui e minuziose. D'improvviso, in fondo a una di quelle stradette, pareva che nella materia cristallizzata si fosse prodotta una distensione. Un vasto e sontuoso "campo" che, in quella rete di stradicciole, certo non avrei saputo immaginare di tanta importanza, e al quale non avrei saputo dare spazio, si estendeva dinanzi a me, circondato da bei palazzi, pallido di chiaro di luna. Era uno di quei complessi architettonici verso i quali, in altre città, le strade si dirigono, vi conducono, designandoli.  Qui, pareva intenzionalmente nascosto in un intrico di straducole, come quei palazzi dei racconti orientali dove nottetempo viene condotto un personaggio che, riaccompagnato a casa propria prima dell'alba, non deve saper ritrovare l'abitazione magica dove finirà col  credere d'essere stato soltanto in sogno.
Il giorno dopo andavo alla ricerca della mia bella piazza notturna, seguivo calli che si somigliavano tutte fra di loro e rifiutavano di darmi qualsiasi ragguaglio, se non per farmi perdere ancora più l'orientamento. Talora un vago indizio, che credevo di riconoscere, mi faceva supporre che presto mi sarebbe apparsa, nella sua solitudine claustrale e nel suo silenzio, la bella piazza esiliata. In quel punto, qualche cattivo genio, che aveva assunto le apparenze di una nuova calle, mi faceva tornare, mio malgrado, sui miei passi, e mi trovavo bruscamente ricondotto al Canal Grande. E, siccome fra il ricordo di un sogno e il ricordo di una realtà non ci sono grandi differenze, finivo col domandarmi se non fosse stato il mio sonno a generare, in un cupo frammento di cristallizzazione veneziana, quella strana fluttuazione che offriva una vasta piazza, circondata da romantici palazzi, alla meditazione lunare.


sabato 13 ottobre 2012

SERA D'OTTOBRE (Giovanni Pascoli)

Lungo la strada vedi su la siepe
ridere a mazzi le vermiglie bacche:
nei campi arati tornano al presepe
      tarde le vacche.

Vien per la strada un povero che il lento
passo tra foglie stridule trascina:
nei campi intona una fanciulla al vento:
     Fiore di spina!...

fotografia Piero Reggio

venerdì 12 ottobre 2012

CHE SCIOCCO SONO...

CHE SCIOCCO SONO...
SI RATTRISTA IL MIO CUORE
NEL FRESCO DEL MATTINO
TRA IL CHIACCHIERARE DEI PIOPPI
E IL BLU DEL CIELO.


fotografia Piero Reggio

mercoledì 10 ottobre 2012

INNOCENZA ( Giuseppe Colli)

Stamattina nel prato c'era un agnello:
macchia bianca sul verde pastello;

c'era l'agnello e c'era il pastore
e c'era la bimba del mio cuore.

- Dimmi, bimbetta, come ti chiami?
- Mariavittoria, per te che mi ami.

Correva la bimba dietro l'agnello
giulivo e contento come un monello.

Rideva il pastore preso dal gioco
ed io pure ridevo, e un poco

correvo dietro la bimba e l'agnello
lungo la proda di un fresco ruscello.

Stamattina nel prato c'era un agnello,
una bambina, un pastore, un ruscello

ed io, nel sogno, rifatto fanciullo
dalla gioia di quell'innocente trastullo.

fotografia Piero Reggio

martedì 9 ottobre 2012

NULLA (ZINAIDA GIOOIUS 1869-1945)

IL TEMPO RECIDE I FIORI E LE ERBE
    ALLA RADICE CON LA SUA FALCE CORRUSCA:
IL RANUNCOLO DELL'AMORE, LA MARGHERITA DELLA GLORIA...
    MA LE RADICI RIMANGONO INCOLUMI SOTTO LA TERRA.
MIA VITA E MIA RAGIONE ARDENTEMENTE LUCIDA,
    VOI SIETE CON ME PIU' IMPLACABILI DI OGNI ALTRA COSA:
VOI SRADICATE CIO' CHE E' LEGGIADRO,
NELL'ANIMA DOPO DI VOI NON RESTA NULLA!


fotografia Chiara Reggio

 

lunedì 8 ottobre 2012

FOGLIE MORTE di E. A. Berta

    Con cadenza di salmo e d'elegia
seguendo i capricciosi urti del vento,
geme una foglia secca e vola via
per l'autunnale grigio firmamento.
- Povera foglia mia - dimmi - ove vai?
In qual remoto fango morirai?
    E la foglia : Morir? Strana parola.
Noi non si muor, si dorme nella mota,
per risvegliarci un giorno in un'aiuola
o foglie, o fiori, od altra forma ignota.


fotografia Piero Reggio

sabato 6 ottobre 2012

MI INTERROGO...

CHE COSA SONO
I MIEI VERSI? PAROLE
INCERTE - SPECCHI?
SONO ATTIMI CONFUSI?
MISTERIOSI SUSSURRI?

fotografia Piero Reggio

giovedì 4 ottobre 2012

una poesia per SAN FRANCESCO . L'ISOLA DELLA PREGHIERA di FRANCESCA CASTELLINO

    San Francesco tornava di Soria
ed era stanco della lunga via.
    Un'isoletta solitaria appare,
ed egli vi si ferma a riposare.
    Ombra facean alti cipressi e pini,
che proteggevan nidi d'uccellini.
    Gli uccellini cantavano al bel sole,
dicevan grazie a Dio con lor parole.
    E con un cenno della mano il Santo
fece chetare, d'improvviso, il canto;
    e disse forti le sue lodi a Dio
- le fronde trattenevano il brusio -
    le disse forte che l'udisse il mare,
e l'onde stetter ferme ad ascoltare.
    Gli uccelletti impararon la preghiera,
e ancora la ripetono ogni sera.
    E con gli uccelli la ripeton l'onde,
e li accompagna un mormorio di fronde.
    E dalle fronde un alito di vento
le porta ai fraticelli del convento...





mercoledì 3 ottobre 2012

R. Tagore da : "Petali sulle ceneri"

I miei occhi ricevono la tranquillità del cielo,
ed ecco che sento passare in me ciò che sente
un albero le cui foglie, semiaperte come coppe,
straripano di luce.

Un pensiero torna frequentemente nel mio cuore,
come questa bruma che sfiora i prati,
mescolandosi al mormorare dell'acqua,
agli stanchi sospiri della brezza.

Immagino d'avere già vissuto nell'infinito
delle cose di questo mondo e che, a questo infinito,
ho dato i miei amori e i miei dolori.


fotografia Piero Reggio

lunedì 1 ottobre 2012

SANTA TERESA DI GESU' BAMBINO E DEL VOLTO SANTO : da Pensieri

Noi che corriamo nella via dell'amore, non dobbiamo pensare a ciò che può accadere di doloroso in avvenire, perchè sarebbe un mancar di fiducia.

***

La paura mi fa indietreggiare; con l'amore non soltanto vado avanti, ma volo.