giovedì 18 ottobre 2012

niente di nuovo ; spreco di cibo e amoralità : da "Il signor giardiniere " di F. Richaud ed Ponte alle Grazie

...Verso la fine della cena, il Re raggiante si era rivolto al giardiniere:"Siete un artista, La Quintinie!" Sì, il suo lavoro aveva nutrito gli uomini. Ma in quale modo!Aveva riconosciuto a stento le ortaglie che gli erano passate davanti. Ortaggi freddi, annegati in salse dense, carni complicate e vino spumante. Aveva visto il Re disdegnare la forchetta e ingurgitare alla rinfusa due dozzine di ostriche, un piatto d'insalata, della pecora, un vassoio di pasticcini, e poi ancora frutta e uova sode. Peggio: non l'aveva sorpreso, con alcuni cortigiani, intento a lanciare di nascosto piselli e palline di mollica in abbondanza sulla testa di una giovane che accettava ridendo di fare da bersaglio? "A volte " aveva celiato Namour, "sono mele o arance!"
Tutti si erano congratulati per le prodezze del giardiniere e del cuoco. Ma chi aveva badato a ciò che mangiava? Nessuno. E lui, sperso in mezzo a tutti quegli uomini, rammentava la lenta nascita dei suoi asparagi, dei suoi piselli e dei suoi fichi, la greve circolazione della linfa tra i rami, il travaglio delle sue piante che, giornalmente, pativano il freddo o la sete per dare il meglio di loro stesse.
"E se passassimo al biliardo, signori?" aveva d'un tratto esclamato il Re finendo di pulirsi le dita con un tovagliolo umido. Tutti si erano alzati in piedi. Il giardiniere era rimasto seduto. "Allora, venite, La Quintinie?" "Vengo, signor Namour, vengo..."
Aveva aspettato che gli ultimi invitati fossero scomparsi. Lentamente, aveva raggiunto la porta rimasta spalancata. Dalla sala di Diana gli erano arrivate le esclamazioni dei cortigiani che già si entusiasmavano per la destrezza del Re. Allora era uscito di gran carriera, aveva imboccato i corridoi che portavano verso il parco di Le Notre.
Si ritrovava ora sotto il cielo trapunto di stelle. Dietro la facciata scura del castello risonavano le urla di migliaia di cortigiani; e le luci delle torce, riflesse dallo specchio delle vasche, rischiaravano l'altra parte del cielo.Costeggiò l'aranceto in direzione del suo giardino illuminato dalla luna. Cos'aveva da spartire, lui, con tutta quella gente che ignorava il  mondo intero e se ne teneva separata con strati di cipria, di tacchi, di parrucche, di gelatine e di salse; tutta quella gente che aveva visto divorare in brevissimo tempo quel che a lui era costato una vita di lavoro; tutta quella gente che si distraeva con il cibo troppi ricco, troppo abbondante e che, pian piano, aveva finito col dimenticare chi era?






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