Brezza. Il treno si ferma. Dalla stazione bagnata,
come una rosa immensa si va alzando la sera.
Nella bruma vibrante del giallo ponente,
tristi vetrate sonnolente s'aprono.
E' romantico il luogo, poetico, inatteso;
campane mai udite fanno dolce il momento...
Ed il cuore vorrebbe, come un bimbo indolente,
restare ... andando via...
Ma il treno, sordo, parte.
... E fuggendo si passa accanto a case, ad orti,
accanto a un fiume verde con lunghe ombre distese...
... A una curva, un istante, e per l'ultima volta,
sorgono, come in sogno, torri d'avorio e d'intarsio...
domenica 30 giugno 2013
sabato 29 giugno 2013
LA SELVA D'ARGENTO ( Renzo Pezzani)
Selvetta d'anni, più folta
di bei racconti e di sonno
era la barba del nonno,
ed io il bimbo che ascolta.
che crede, che cerca ancora
un quieto lume di favola
come tra muschi la fragola
e nel cespuglio la mora.
La barba, un bosco d'argento
d'esili alberi spogli,
non ha paura che il vento
entri, lo scuota, lo spogli.
La pipa gialla di schiuma
che cova un occhio di brace
è la casetta che fuma,
che custodisce la pace:
la culla dell'innocenza,
l'acqua nel secchio di rame,
il pane nella credenza,
una bracciata di strame;
la casa del legnaiolo
dove si ferma ogni tanto
la Fiaba a prendere incanto
e un fischio di rosignolo;
e un po' di luna, la sera;
e , quattro passi distante,
un sorso d'acqua sincera
alla fontana parlante.
Re, cacciatori smarriti,
lungi dai cani e dai servi,
mentre con lunghi bramiti
sull'erba muoiono i cervi,
qui dove sangue non cola
hanno cercato un ricovero,
qui nacque un giorno la fola
del re che siede col povero
ed è felice sia pure
del chicco e lascia lo staio,
posa la spada e una scure
prende e diventa operaio.
C'era una vecchia, più vecchia
della terra a filar lana;
batacchio nella campana
aveva un'ape nell'orecchio,
e quell'ape del Signore
le teneva compagnia.
Le diceva :"E' nato un fiore!"
E la vecchia :"Così sia!".
Le diceva :"Manca il sale!"
Lei piangeva appena un poco
sul paiolo messo al fuoco:
"Poco male!Poco male!"
C'è la Morte - l'ape dice -
che vi cerca e non vi trova "
"Cerco un tronco e son radice!
Qui conviene che mi muova"
Posò il fuso, prese un ramo,
si coprì d'un telo bruno;
chiuse l'uscio, disse :"andiamo!..."
Non l'ha vista più nessuno.
Un sentier c'era pur anche
dove il mio pensier cammina,
sotto rame e fratte bianche,
per la neve e per la brina,
nella barba del mio nonno
così forte e così fina.
Lo trovavo al primo sonno,
lo smarrivo alla mattina.
Si sentia su quella traccia
così lieve, così vaga,
batticuore che dilaga,
uno strepitio di caccia;
vessillifero di pace
contro il cielo che raggiorna,
con la croce tra le corna
compariva il cervo audace.
Compariva San Martino
mezzo al sole solicello
mezzo all'ombra d'un mantello,
qua una bacca, là uno spino;
v'incontravo la fantesca
del gigante Mucci - Mucci
così carica di crucci,
col suo sacco d'erba fresca,
così carica di male,
così sola, così muta,
così stanca e mai seduta
che piangeva nel grembiale.
Vi sentivo san Francesco
conversar col lupo nero
come due fratelli al desco...
v'ho scoperto il mondo intero.
Ma quel rider ch'io sentiva
più nell'aria che nel greto,
quella fonte esile e viva,
la freschezza e il suo segreto,
più non sento, più non sento.
Chissà mai s'è inaridita.
Forse è morta di spavento
quell'età della mia vita
ch'è felice se s'ascolta,
nella selva, così sola
dà la mano ad una fola...
Cerca un'acqua e non si volta.
di bei racconti e di sonno
era la barba del nonno,
ed io il bimbo che ascolta.
che crede, che cerca ancora
un quieto lume di favola
come tra muschi la fragola
e nel cespuglio la mora.
La barba, un bosco d'argento
d'esili alberi spogli,
non ha paura che il vento
entri, lo scuota, lo spogli.
La pipa gialla di schiuma
che cova un occhio di brace
è la casetta che fuma,
che custodisce la pace:
la culla dell'innocenza,
l'acqua nel secchio di rame,
il pane nella credenza,
una bracciata di strame;
la casa del legnaiolo
dove si ferma ogni tanto
la Fiaba a prendere incanto
e un fischio di rosignolo;
e un po' di luna, la sera;
e , quattro passi distante,
un sorso d'acqua sincera
alla fontana parlante.
Re, cacciatori smarriti,
lungi dai cani e dai servi,
mentre con lunghi bramiti
sull'erba muoiono i cervi,
qui dove sangue non cola
hanno cercato un ricovero,
qui nacque un giorno la fola
del re che siede col povero
ed è felice sia pure
del chicco e lascia lo staio,
posa la spada e una scure
prende e diventa operaio.
C'era una vecchia, più vecchia
della terra a filar lana;
batacchio nella campana
aveva un'ape nell'orecchio,
e quell'ape del Signore
le teneva compagnia.
Le diceva :"E' nato un fiore!"
E la vecchia :"Così sia!".
Le diceva :"Manca il sale!"
Lei piangeva appena un poco
sul paiolo messo al fuoco:
"Poco male!Poco male!"
C'è la Morte - l'ape dice -
che vi cerca e non vi trova "
"Cerco un tronco e son radice!
Qui conviene che mi muova"
Posò il fuso, prese un ramo,
si coprì d'un telo bruno;
chiuse l'uscio, disse :"andiamo!..."
Non l'ha vista più nessuno.
Un sentier c'era pur anche
dove il mio pensier cammina,
sotto rame e fratte bianche,
per la neve e per la brina,
nella barba del mio nonno
così forte e così fina.
Lo trovavo al primo sonno,
lo smarrivo alla mattina.
Si sentia su quella traccia
così lieve, così vaga,
batticuore che dilaga,
uno strepitio di caccia;
vessillifero di pace
contro il cielo che raggiorna,
con la croce tra le corna
compariva il cervo audace.
Compariva San Martino
mezzo al sole solicello
mezzo all'ombra d'un mantello,
qua una bacca, là uno spino;
v'incontravo la fantesca
del gigante Mucci - Mucci
così carica di crucci,
col suo sacco d'erba fresca,
così carica di male,
così sola, così muta,
così stanca e mai seduta
che piangeva nel grembiale.
Vi sentivo san Francesco
conversar col lupo nero
come due fratelli al desco...
v'ho scoperto il mondo intero.
Ma quel rider ch'io sentiva
più nell'aria che nel greto,
quella fonte esile e viva,
la freschezza e il suo segreto,
più non sento, più non sento.
Chissà mai s'è inaridita.
Forse è morta di spavento
quell'età della mia vita
ch'è felice se s'ascolta,
nella selva, così sola
dà la mano ad una fola...
Cerca un'acqua e non si volta.
giovedì 27 giugno 2013
lunedì 24 giugno 2013
rivelazione
domenica 23 giugno 2013
IMPERCETTIBILE IL TEMPO ( S. Quasimodo)
Nel giardino si fa rossa
l'arancia, impercettibile
il tempo danza
sulla sua scorza,
la ruota del mulino si stacca
alla piena dell'acqua
ma continua il suo giro
e avvolge un minuto
al minuto passato
o futuro. Diverso il tempo
sul vortice del frutto;
indeclinabile sul corpo
che riflette la morte,
scivola contorto
chiude la presa
alla mente, scrive
una prova di vita.
l'arancia, impercettibile
il tempo danza
sulla sua scorza,
la ruota del mulino si stacca
alla piena dell'acqua
ma continua il suo giro
e avvolge un minuto
al minuto passato
o futuro. Diverso il tempo
sul vortice del frutto;
indeclinabile sul corpo
che riflette la morte,
scivola contorto
chiude la presa
alla mente, scrive
una prova di vita.
sabato 22 giugno 2013
mercoledì 19 giugno 2013
NON PIANGERE, NON DIRE... (Lambros Porfiras 1879-1932)
Non piangere, non dire che nulla ti resta quaggiù.
Ti resta sui monti il passare del temporale;
l'alba lontano sul mare aperto, e il giorno
per la valle, e gli ulivi, e il frastuono della città.
Ti resta, ancora, l'umile lido a riparo dei venti,
dove, sul calar della sera, cadono sopra gli scogli, il molo,
le case, il vecchio pescatore che remiga lentamente.
Non piangere! Ti resta laggiù, guarda, tutta la vita nostra.Tutta.
Essa sta laggiù con tacita e innocente serenità,
con la sua bellezza sorridente e spensierata,
con la sua ombra, l'ombra cancellata via via
dal crepuscolo e dalla brezza notturna.
Ti resta sui monti il passare del temporale;
l'alba lontano sul mare aperto, e il giorno
per la valle, e gli ulivi, e il frastuono della città.
Ti resta, ancora, l'umile lido a riparo dei venti,
dove, sul calar della sera, cadono sopra gli scogli, il molo,
le case, il vecchio pescatore che remiga lentamente.
Non piangere! Ti resta laggiù, guarda, tutta la vita nostra.Tutta.
Essa sta laggiù con tacita e innocente serenità,
con la sua bellezza sorridente e spensierata,
con la sua ombra, l'ombra cancellata via via
dal crepuscolo e dalla brezza notturna.
fotografia P. Reggio |
lunedì 17 giugno 2013
FINESTRA (Alessandro Parronchi 1914-2007)
Non so più se apro o chiudo la finestra
di un giorno che incomincia o che è finito
per spalancarsi su una notte immensa
o se è la vita che incomincia, nuda
come il giorno che nacqui ero io nudo.
Poi mi vestii di belle fantasie,
di sogni, ma la vita s'è spogliata
sempre più nuda per me che l'amavo.
E ora che m'abbandona l'amo ancora
vestita dei colori dell'aurora.
di un giorno che incomincia o che è finito
per spalancarsi su una notte immensa
o se è la vita che incomincia, nuda
come il giorno che nacqui ero io nudo.
Poi mi vestii di belle fantasie,
di sogni, ma la vita s'è spogliata
sempre più nuda per me che l'amavo.
E ora che m'abbandona l'amo ancora
vestita dei colori dell'aurora.
domenica 16 giugno 2013
sabato 15 giugno 2013
FUGGITIVA ( Amy Lowell 1874-1925)
Luce del sole,
Tre calendule,
E un baccello di papavero porpora scuro -
Da questi ho creato un mondo bellissimo.
Tu li vuoi -
Splendore,
Oro,
E un sonno di sogni?
Sono piaceri fragili, certo,
Ma dove ne puoi trovare di migliori?
Non si sceglie la rosa perché vive a lungo,
E giugno è solo di trenta giorni.
Tre calendule,
E un baccello di papavero porpora scuro -
Da questi ho creato un mondo bellissimo.
Tu li vuoi -
Splendore,
Oro,
E un sonno di sogni?
Sono piaceri fragili, certo,
Ma dove ne puoi trovare di migliori?
Non si sceglie la rosa perché vive a lungo,
E giugno è solo di trenta giorni.
giovedì 13 giugno 2013
GIORNO D'ESTATE
Il primo vero giorno d'estate : sole caldo, luce accecante, cielo azzurro. Lungo la pista ciclabile fiammeggia un bordo di papaveri, dal campo di grano ancora verde si alzano in volo passeri, farfalle volteggiano tra i bianchi fiori del sambuco. Nel boschetto di ciliegi selvatici hanno messo delle arnie e nel silenzio del pomeriggio si sente un sommesso ronzio. L'antico viale dei tigli offre un'ombra invitante : che momento di pace!
fotografia P. Reggio |
martedì 11 giugno 2013
lunedì 10 giugno 2013
OMBRE D'ALI (A. Negri ) da "Vespertina - Il dono "ed Mondadori a. 1940
Cielo di giugno, azzurra giovinezza
dell'anno; ed allegrezza
di rondoni sfreccianti in folli giri
nell'aria. Ombre ombre d'ali
vedo guizzar sul bianco arroventato
del muro in fronte: ombre a saetta, nere:
vive, al mio sguardo, più dell'ali vere.
Traggon dal nulla, scrivono col nulla
parole d'un linguaggio
perduto; e le cancellano
ratte, fuggendo via fra raggio e raggio.
Vita che mi rimani,
fin ch'io veder potrò quelle parole
strane apparire scomparir sul muro
candente al sole,
( forse un tempo io le dissi a chi m'amava,
egli le disse a me, bocca su bocca )
vita che mi rimani, ancor dolcezza
puoi darmi. Basta
l'ombra d'un bacio alla memoria, basta
l'ombra d'un'ala alla felicità.
dell'anno; ed allegrezza
di rondoni sfreccianti in folli giri
nell'aria. Ombre ombre d'ali
vedo guizzar sul bianco arroventato
del muro in fronte: ombre a saetta, nere:
vive, al mio sguardo, più dell'ali vere.
Traggon dal nulla, scrivono col nulla
parole d'un linguaggio
perduto; e le cancellano
ratte, fuggendo via fra raggio e raggio.
Vita che mi rimani,
fin ch'io veder potrò quelle parole
strane apparire scomparir sul muro
candente al sole,
( forse un tempo io le dissi a chi m'amava,
egli le disse a me, bocca su bocca )
vita che mi rimani, ancor dolcezza
puoi darmi. Basta
l'ombra d'un bacio alla memoria, basta
l'ombra d'un'ala alla felicità.
domenica 9 giugno 2013
LA CAMPAGNA CANTA CON IL CANTO DELLE RANE di A. Zarri da " Quasi una preghiera " ed Einaudi
...
Per me è certa una sola cosa : che rospi e rane li distinguo bene solo alla voce. La forma è eguale, la bruttezza eguale, il tonfo che fanno buttandosi nell'acqua è eguale, ma la voce che esce dall'acqua è diversissima: profonda, rauca, repulsiva quella del rospo, argentata e ritmica quella della ranocchia.
A questo punto, se confronto le voci, comincio a comprendere i motivi di una preferenza che all'occhio sarebbe ingiusta ma si giustifica all'orecchio.
Di notte, quando l'ombra, l'erba, l'acqua la nascondono, avviene il gran miracolo: la rana diventa bella.
La voce del rospo è un mugolio ma la voce della rana un canto: un canto ritmato, inesausto come un respiro che invade tutta la campagna. E tutta la campagna canta col canto delle rane.
Non è canto che possa udirsi sempre, come quello dei grilli. Per ascoltarlo bisogna giungere in quei punti privilegiati che godono di un po' d'acqua : un macero, uno stagno : acqua ferma di preferenza, o di corso assai lento. Nei fiumi rapidi o nei torrenti ci sono i pesci proverbialmente muti, le rane no. Le rane si annidano tranquille nelle acque ferme e addormentate: meglio se coperte da una cotica di bave muschiose che renda più morbido il tonfo. A onta dei salti olimpionici, le rane non mi han l'aria di avere animo di sportive: son sonnolente, tristi e nostalgiche, forse magari un po' borghesi. Ma il loro canto si riscatta in una levità argentata, un po' stridente, come di lieve incrinatura di pianto, ma di una pacatezza classica. Forse, nel gran silenzio della notte, le rane piangono la loro prossimità coi rospi e cantano la loro nostalgia d'ali, di penne, di aeree levità. Immerse nei loro stagni fermi e un po' putridi cantano il desiderio di navigazioni celesti.
Per me è certa una sola cosa : che rospi e rane li distinguo bene solo alla voce. La forma è eguale, la bruttezza eguale, il tonfo che fanno buttandosi nell'acqua è eguale, ma la voce che esce dall'acqua è diversissima: profonda, rauca, repulsiva quella del rospo, argentata e ritmica quella della ranocchia.
A questo punto, se confronto le voci, comincio a comprendere i motivi di una preferenza che all'occhio sarebbe ingiusta ma si giustifica all'orecchio.
Di notte, quando l'ombra, l'erba, l'acqua la nascondono, avviene il gran miracolo: la rana diventa bella.
La voce del rospo è un mugolio ma la voce della rana un canto: un canto ritmato, inesausto come un respiro che invade tutta la campagna. E tutta la campagna canta col canto delle rane.
Non è canto che possa udirsi sempre, come quello dei grilli. Per ascoltarlo bisogna giungere in quei punti privilegiati che godono di un po' d'acqua : un macero, uno stagno : acqua ferma di preferenza, o di corso assai lento. Nei fiumi rapidi o nei torrenti ci sono i pesci proverbialmente muti, le rane no. Le rane si annidano tranquille nelle acque ferme e addormentate: meglio se coperte da una cotica di bave muschiose che renda più morbido il tonfo. A onta dei salti olimpionici, le rane non mi han l'aria di avere animo di sportive: son sonnolente, tristi e nostalgiche, forse magari un po' borghesi. Ma il loro canto si riscatta in una levità argentata, un po' stridente, come di lieve incrinatura di pianto, ma di una pacatezza classica. Forse, nel gran silenzio della notte, le rane piangono la loro prossimità coi rospi e cantano la loro nostalgia d'ali, di penne, di aeree levità. Immerse nei loro stagni fermi e un po' putridi cantano il desiderio di navigazioni celesti.
giovedì 6 giugno 2013
"FIORALISO : la bontà "da "Affetti gentili" di Giov. Cenci, (antico libretto trovato in una bancarella) anno ?
Apre la sua pupilla il fioraliso,
infra le spighe bionde,
quasi mirando in alto il paradiso,
all'aure gioconde.
Oh ! com'è bello tra la messe d'oro,
che quasi regal manto,
i campi fecondati dal lavoro
riveste e abbella tanto!
O fiore, l'infinita poesia
dell'infinito amore,
co' biondi steli, in dolce sinfonia,
tu canti a un puro core.
Sì, tu l'amore sommo ed infinito,
ch'è vero, bello e bene,
quaggiù imperfetto, ma lassù compito,
riveli in tante pene;
e segno sei de la bontà divina,
in cui si appaga l'alma,
che, quasi dolce auretta mattutina,
gusta soave e calma,
quando contempla il bello nel creato,
sparso per ogni dove;
e si delizia l'intelletto, ornato
del vero, in cui si move.
Oh, la bontà! de le nature auguste
oriental zaffiro,
tu sola sei, che l'alme rendi giuste
e degne de l'empiro!
Che sono genio, gloria ed opulenza
senza bontate, o fiore,
se non dei vili misera demenza
e vanità del core?
Va, fiorellino azzurro, e adorna il seno
de le fanciulle e spose;
e fien belle, come ciel sereno,
buone, gentili, caste ed amorose.
Va, fiorellino azzurro, ad ogni core,
sì come bel sorriso,
per cui la vita parla, e parla amore,
svelando il paradiso.
Va, fiorellino, e bontate insegna
a tutte l'alme insieme;
perché sol essa impera, guida e regna,
con fede, amore e speme.
Con fede amore e speme ne affratella,
o fiorellin d'amore;
così la vita avrà la pace bella,
la pace del Signore.
infra le spighe bionde,
quasi mirando in alto il paradiso,
all'aure gioconde.
Oh ! com'è bello tra la messe d'oro,
che quasi regal manto,
i campi fecondati dal lavoro
riveste e abbella tanto!
O fiore, l'infinita poesia
dell'infinito amore,
co' biondi steli, in dolce sinfonia,
tu canti a un puro core.
Sì, tu l'amore sommo ed infinito,
ch'è vero, bello e bene,
quaggiù imperfetto, ma lassù compito,
riveli in tante pene;
e segno sei de la bontà divina,
in cui si appaga l'alma,
che, quasi dolce auretta mattutina,
gusta soave e calma,
quando contempla il bello nel creato,
sparso per ogni dove;
e si delizia l'intelletto, ornato
del vero, in cui si move.
Oh, la bontà! de le nature auguste
oriental zaffiro,
tu sola sei, che l'alme rendi giuste
e degne de l'empiro!
Che sono genio, gloria ed opulenza
senza bontate, o fiore,
se non dei vili misera demenza
e vanità del core?
Va, fiorellino azzurro, e adorna il seno
de le fanciulle e spose;
e fien belle, come ciel sereno,
buone, gentili, caste ed amorose.
Va, fiorellino azzurro, ad ogni core,
sì come bel sorriso,
per cui la vita parla, e parla amore,
svelando il paradiso.
Va, fiorellino, e bontate insegna
a tutte l'alme insieme;
perché sol essa impera, guida e regna,
con fede, amore e speme.
Con fede amore e speme ne affratella,
o fiorellin d'amore;
così la vita avrà la pace bella,
la pace del Signore.
martedì 4 giugno 2013
sto navigando...
lunedì 3 giugno 2013
PREGHIERA (Giuseppe Giusti 1809-1850)
Alla mente, confusa Sai che la vita mia
di dubbio e di dolore, si strugge appoco appoco,
soccorri, o mio Signore, come la cera al foco,
col raggio della fe'. come la neve al sol.
Sollevala dal peso All'anima, che anela
che la declina al fango: di ricovrarti in braccio,
a Te sospiro e piango; rompi, Signore, il laccio
mi raccomando a Te. che le impedisce il vol.
di dubbio e di dolore, si strugge appoco appoco,
soccorri, o mio Signore, come la cera al foco,
col raggio della fe'. come la neve al sol.
Sollevala dal peso All'anima, che anela
che la declina al fango: di ricovrarti in braccio,
a Te sospiro e piango; rompi, Signore, il laccio
mi raccomando a Te. che le impedisce il vol.
domenica 2 giugno 2013
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