I reperti affluivano dall'estero, acquistati dai figli, o dall'inesauribile serbatoio di Guernesey. "La fata Bric-à-Brac mi ha fatto gli occhi dolci e il Dio Bibelot mi ha preso a benvolere. In Belgio ho scremato un certo numero d'oggetti curiosi e a basso prezzo" scriveva nel 1861. Come per i libri, aveva bisogno di una grande quantità di materiale per trarne un'opera. Aveva, ricorda il figlio Victor-Marie, una sorta di superstizioso rispetto per le cose del passato.
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Farfalle, uccelli e fiori erano stati dipinti e siglati da Victor sulle cornici di legno bianco dei cupi disegni. Altre volte bastava una semplice tela cerata, punteggiata di chiodi, a incorniciare le opere lucidate da una vernice trasparente.Disegnava su pezzi di carta di ogni tinta e formato. L'artista lasciava cadere a caso l'inchiostro sulla carta, per poi farne nascere lugubri impiccati o i fantasmagorici castelli. Molti nascevano sotto lo sguardo ammirato dei nipotini, che ascoltavano affascinati le storie con cui commentava le immagini che sorgevano dalle sue mani.
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Su una base a due livelli, decorata da immagini di santi, si levava l'"albero di fuoco", il grande candeliere foggiato su un suo disegno particolareggiato, i trentadue rami tesi verso l'alto, sotto la tutela di una scura Madonna da lui scolpita. Quattro colonne tortili enfatizzavano le colossali proporzioni del letto intagliato. Ai piedi del giaciglio si vedeva il sacrificio di Abramo "Non-Mors-Lux" era inciso sul capezzale, sotto le Naiadi e i Tritoni.
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Hugo annotava spesso persino i libri più rari. Collezionava appassionatamente le reliquie del suo passato. Su un bastone aveva scritto :"Canna con cui sono andato dal signor Dupin"e su una ciabatta :"pantofola del mio primo viaggio in Belgio".
casa V. Hugo a Guernesey |
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