Una stella m'è apparsa
di prima sera
e così bella
da attrarre tutto di me
ogni mio senso
ed ho seguito
senza un colpo del ciglio
la sua parabola celeste.
Come per trarre il respiro
nel faticoso cammino
sostava un istante
e dal petto in affanno
nella luce ancora rossa
dell'occaso
lasciava sgorgare
un fiotto di sangue:
sfregiata stella.
Ma a poco a poco
pur dolorosa in sembiante
s'è chiusa la ferita
che la faceva sanguinare
e nella luce divenuta blu
mostrando il suo splendore
ha seguitato a camminare.
La mia stella tramonta.
La seguo ancora
al limitare del cielo
mi abbaglia il suo fulgore
e nella purezza dell'argento
distinguo ancora bene
il segno dello sfregio.
lunedì 31 marzo 2014
venerdì 28 marzo 2014
PRIMAVERA E' ALLA SOGLIA ( Angiolo Silvio Novaro 1868 - 1938)
Primavera è sulla soglia :
verzica l'erba del prato
e si beve il sole grato
per la punta d' ogni foglia.
I monti escono dalla bruma,
peschi e mandorli novelli
sorgon ricchi di gioielli
su la terra nera che fuma.
Primavera è sulla soglia :
le fontane tintinnano leggiere,
trema il cuore di piacere
e di cantare s'invoglia.
Canta, o cuore ! Canta e suona!
E' così bello il creato
col suo mistero e il suo fato
e la vita è così buona.
verzica l'erba del prato
e si beve il sole grato
per la punta d' ogni foglia.
I monti escono dalla bruma,
peschi e mandorli novelli
sorgon ricchi di gioielli
su la terra nera che fuma.
Primavera è sulla soglia :
le fontane tintinnano leggiere,
trema il cuore di piacere
e di cantare s'invoglia.
Canta, o cuore ! Canta e suona!
E' così bello il creato
col suo mistero e il suo fato
e la vita è così buona.
domenica 23 marzo 2014
DOLCE AMATA MIA PRIMAVERA ( SCIPIO SLATAPER 1888 - 1915)
Mi conosceva la terra su cui dormivo le mie notti profonde, e il grande cielo sonante del mio grido vittorioso, quando sobbalzando con l'acque giù per i torrenti spaccati, o franando dai colli in turbine di lavine e di terriccio, d'un colpo di piede rompevo la corsa per cogliere il piccolo fiore cilestrino.
Correvo col vento espandendomi a valle, saltando allegramente i muriccioli e in gineprai, trascorrendo fiondata sibilante. Risbalestrato da tronco a frasca, atterrato dritto sulle ceppaie e sul terreno, risbalzavo in uno scatto furibondo e rumoreggiavo nella foresta come fiume che scavi il suo letto. E dischiomando con rabbia l'ultima frasca ostacolante, ne piombavo fuori, i capelli irti di stecchi e foglie, stracciato il viso, ma l'anima larga e fresca come la bianca fuga dei colombi impauriti dai miei aspri gridi d'aizzamento.
E ansante mi buttavo a capofitto nel fiume per dissetarmi la pelle, inzupparmi d'acqua la gola, le narici, gli occhi e m'ingorgavo di sorsate enormi, notando sott'acqua a bocca spalancata come un luccio. Andavo contro corrente abbrancando nella bracciata i rigurgiti che s'abbattevano spumeggianti contro il mio corpo, addentando l'ondata vispa, come un ciuffo d'erba fiorita quando si sale in montagna. E l'ondata mi strappava giù a scossoni, svoltandomi nella correntia e mi rompevo sul fondo ripercotendomi al sole, trascinato per un tratto sulle erte rive, fra radici e sassi invano inghermigliati. Poi m'affondavo, e carrucolandomi per gli scogli rimontavo sfinito la corrente.
Conoscevo il terreno come la lingua in bocca. Camminando guardavo tutto con affetto fraterno. La terra ha mille segreti. Ogni passo era una scoperta. In ogni luogo sapevo l'ombra più folta e la più vicina caverna quando mi coglieva la piova.
Scivolando negli arbusti, tenendomi agganciato al masso dirupante con due dita artigliate in una ferita muscosa della pietra, palpeggiando e sguazzacchiando con la palma aperta sull'orlo degli stagni, andavo spiando la nascita della primavera. Nel nascondiglio più benigno del boschetto, in un calduccio umido di seccume, ancora ancora quasi riscaldato dal sonno di una lepre, io frugando trovavo la prima primola, il primo raggio, il primo raggio di sole! L'occhio stupido della piccola primavera svegliata! E seguivo l'ondeggiar lieve del suo passo, annusando come un cane in traccia, fra radici gonfie e germogli diafani, dietro un alioso sbuffo di rugiade erbose, di terra umida, di lombrichi, di succhi gommosi, un odor di latte vegetale, di mandorle amare - eccolo qui il sorriso roseo dei peschi, incerto com'alba invernale, cara, cara ! e scuote freneticamente questo tronco e quello e questo, spargendomi di petali e di profumo.
Per terra schizzano violacee pozzerelle d'acqua e il passerotto vi frulla con le ali, a becco aperto. Dolce amata, mia primavera !
Correvo col vento espandendomi a valle, saltando allegramente i muriccioli e in gineprai, trascorrendo fiondata sibilante. Risbalestrato da tronco a frasca, atterrato dritto sulle ceppaie e sul terreno, risbalzavo in uno scatto furibondo e rumoreggiavo nella foresta come fiume che scavi il suo letto. E dischiomando con rabbia l'ultima frasca ostacolante, ne piombavo fuori, i capelli irti di stecchi e foglie, stracciato il viso, ma l'anima larga e fresca come la bianca fuga dei colombi impauriti dai miei aspri gridi d'aizzamento.
E ansante mi buttavo a capofitto nel fiume per dissetarmi la pelle, inzupparmi d'acqua la gola, le narici, gli occhi e m'ingorgavo di sorsate enormi, notando sott'acqua a bocca spalancata come un luccio. Andavo contro corrente abbrancando nella bracciata i rigurgiti che s'abbattevano spumeggianti contro il mio corpo, addentando l'ondata vispa, come un ciuffo d'erba fiorita quando si sale in montagna. E l'ondata mi strappava giù a scossoni, svoltandomi nella correntia e mi rompevo sul fondo ripercotendomi al sole, trascinato per un tratto sulle erte rive, fra radici e sassi invano inghermigliati. Poi m'affondavo, e carrucolandomi per gli scogli rimontavo sfinito la corrente.
Conoscevo il terreno come la lingua in bocca. Camminando guardavo tutto con affetto fraterno. La terra ha mille segreti. Ogni passo era una scoperta. In ogni luogo sapevo l'ombra più folta e la più vicina caverna quando mi coglieva la piova.
Scivolando negli arbusti, tenendomi agganciato al masso dirupante con due dita artigliate in una ferita muscosa della pietra, palpeggiando e sguazzacchiando con la palma aperta sull'orlo degli stagni, andavo spiando la nascita della primavera. Nel nascondiglio più benigno del boschetto, in un calduccio umido di seccume, ancora ancora quasi riscaldato dal sonno di una lepre, io frugando trovavo la prima primola, il primo raggio, il primo raggio di sole! L'occhio stupido della piccola primavera svegliata! E seguivo l'ondeggiar lieve del suo passo, annusando come un cane in traccia, fra radici gonfie e germogli diafani, dietro un alioso sbuffo di rugiade erbose, di terra umida, di lombrichi, di succhi gommosi, un odor di latte vegetale, di mandorle amare - eccolo qui il sorriso roseo dei peschi, incerto com'alba invernale, cara, cara ! e scuote freneticamente questo tronco e quello e questo, spargendomi di petali e di profumo.
Per terra schizzano violacee pozzerelle d'acqua e il passerotto vi frulla con le ali, a becco aperto. Dolce amata, mia primavera !
martedì 18 marzo 2014
IL FIORE SUL TETTO ( ADA NEGRI )
Ieri non c'era. Or vive, tra due vecchi
embrici. Se per poco io m'arrischiassi
sovra il muretto del terrazzo, cogliere
lo potrei. Non ardisco. E' troppo bello
così . troppo mi piace, erto sul gambo,
dalle muffe dei tegoli sgorgante
senza una fronda, ma col serto d'oro
d'un reuccio da fiaba. E' un fior magato.
Il suo germe quassù lo portò il vento.
Il suo nome lo cantano le stelle.
Nulla sa delle selve e dei giardini
sparsi pel mondo : sta, fra tetti e cielo,
felice . al mondo unico fior si crede,
ed io l'amo per questo.
Io far di lui
voglio il mio dolce amico; e tutto dirgli
del mio cuore, e con lui ridere e piangere.
Con lui bagnarmi al lume della luna
che sugli embrici scorre come rivo
di freschissimo latte ; abbrividire
alla carezza che li tinge in rosa
sul far dell'alba ; immota al solleone
del meriggio sostar, che li trasforma
in colate di lava incandescenti ;
gioir di rondoni, che nel vespro
in giri e giri senza fine stridono
radendo i tetti con l'oblique penne,
e più stridon più impazzano, e d'un tratto
scompaiono, inghiottiti dalle prime
ombre. Con lui, sin che morrà. Sì breve
d'un fior la vita , e, ahimé ! la mia sì lunga.
embrici. Se per poco io m'arrischiassi
sovra il muretto del terrazzo, cogliere
lo potrei. Non ardisco. E' troppo bello
così . troppo mi piace, erto sul gambo,
dalle muffe dei tegoli sgorgante
senza una fronda, ma col serto d'oro
d'un reuccio da fiaba. E' un fior magato.
Il suo germe quassù lo portò il vento.
Il suo nome lo cantano le stelle.
Nulla sa delle selve e dei giardini
sparsi pel mondo : sta, fra tetti e cielo,
felice . al mondo unico fior si crede,
ed io l'amo per questo.
Io far di lui
voglio il mio dolce amico; e tutto dirgli
del mio cuore, e con lui ridere e piangere.
Con lui bagnarmi al lume della luna
che sugli embrici scorre come rivo
di freschissimo latte ; abbrividire
alla carezza che li tinge in rosa
sul far dell'alba ; immota al solleone
del meriggio sostar, che li trasforma
in colate di lava incandescenti ;
gioir di rondoni, che nel vespro
in giri e giri senza fine stridono
radendo i tetti con l'oblique penne,
e più stridon più impazzano, e d'un tratto
scompaiono, inghiottiti dalle prime
ombre. Con lui, sin che morrà. Sì breve
d'un fior la vita , e, ahimé ! la mia sì lunga.
giovedì 13 marzo 2014
martedì 11 marzo 2014
LA GRAN RISPOSTA ( Victor Hugo )
Ondeggia il mare sotto lo stellato:
non una nube ha il cielo immacolato;
non una vela il mare.
Ma le case che veglian tra le piante
il ciel sul mar quieto scintillante
paiono interrogare.
E la milizia de le stelle immensa,
quasi echeggiando all'anima che pensa
con intimo tremore,
dicono , e nel voltar l'arco dell'onde
il mare infaticabile risponde:
" Tu sei : gloria, o Signore".
non una nube ha il cielo immacolato;
non una vela il mare.
Ma le case che veglian tra le piante
il ciel sul mar quieto scintillante
paiono interrogare.
E la milizia de le stelle immensa,
quasi echeggiando all'anima che pensa
con intimo tremore,
dicono , e nel voltar l'arco dell'onde
il mare infaticabile risponde:
" Tu sei : gloria, o Signore".
venerdì 7 marzo 2014
IL RAMO NUDO ( Giuseppe Gerini )
Il vecchio tronco del ciliegio
apre braccia fiorite
tutta espande la sua anima bianca.
Anche la quercia è desta
sul ciglio serenato del torrente.
Quale albero
ha scorza tanto dura
da non muovere gemma a primavera?
L'uomo mantiene nudo
per l'ampia terra il ramo di Caino.
apre braccia fiorite
tutta espande la sua anima bianca.
Anche la quercia è desta
sul ciglio serenato del torrente.
Quale albero
ha scorza tanto dura
da non muovere gemma a primavera?
L'uomo mantiene nudo
per l'ampia terra il ramo di Caino.
domenica 2 marzo 2014
NOTTURNO ( Arturo Onofri 1885 - 1928 )
Marzo che mette nuvole a soqquadro
e le ammontagna in alpi di broccati,
per poi disfarle in mammole sui prati,
accende all'improvviso, come un ladro,
un'occhiata di sole,
che abbaglia acqua e viole.
Con in bocca un fil d'erba primaticcio,
Marzo è un fanciullo in ozio, a cavalcioni
sul vento che separa due stagioni ;
e, zufolando, fa, per suo capriccio,
con strafottenti audacie,
il tempo che gli piace,
Stanotte, fra i suoi riccioli spioventi
sul mio sonno a rovesci e a trilli alati,
il flauto di silenzio dei suoi fiati
vegetali svegliava azzurri e argenti
nel mio sognarlo, e fuori
ne son sbocciati i fiori.
e le ammontagna in alpi di broccati,
per poi disfarle in mammole sui prati,
accende all'improvviso, come un ladro,
un'occhiata di sole,
che abbaglia acqua e viole.
Con in bocca un fil d'erba primaticcio,
Marzo è un fanciullo in ozio, a cavalcioni
sul vento che separa due stagioni ;
e, zufolando, fa, per suo capriccio,
con strafottenti audacie,
il tempo che gli piace,
Stanotte, fra i suoi riccioli spioventi
sul mio sonno a rovesci e a trilli alati,
il flauto di silenzio dei suoi fiati
vegetali svegliava azzurri e argenti
nel mio sognarlo, e fuori
ne son sbocciati i fiori.
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