Un ciottolo lanciato cent'anni fa
Continua a venirmi addosso, la prima pietra
Diretta contro la fronte traditrice di una bisnonna.
Il cavallo s'impenna e incomincia la sommossa.
Lei rannicchiata in basso nel calesse
Quella prima domenica sotto il tiro incrociato passa
A un galoppo frenetico giù per il pendio verso la Messa.
Lui continua a frustare attraverso la città alle grida di "Lundy"!
Devi chiamarla "Convertita ", "Sposa esogama".
Comunque, è un pezzo classico
Un'eredità da parte materna
E' mio, ne dispongo, adesso che lei non c'è più.
Invece dell'argento, del pizzo vittoriano,
La pietra che esonera ed è esonerata.
LUNDY sta per traditore, è il nome di un governatore di Derry, che durante l'assedio della città passò dalla parte del nemico.
venerdì 30 agosto 2013
giovedì 29 agosto 2013
SERA ( Arturo Graf 1848 - 1913 )
Dalla chiesetta alpestre
giunge il clamor dell'ora :
al ciel che si scolora
olezzan le ginestre.
Una quiete stanca
scende implorata ai vivi :
la luce ai campi, ai clivi
gradatamente manca.
Un vertice selvaggio,
scabra, sassosa mole,
riceve ancor del sole
il moribondo raggio ,
e sul pendio, raccolti
dentro un recinto breve,
sotto la terra greve
riposano i sepolti.
Un divino silenzio
tutte le cose ammanta,
e l'anime rincanta
beverate d'assenzio.
Solo, tra l'erbe, il grillo,
salutando la sera,
scande la tiritera
del suo gracile trillo ;
mentre dall'erme lande
il mite odor del fieno
sotto il cielo sereno
lento s'eleva e spande.
Immortale favilla,
nitida gemma ardente,
Espero in occidente,
là, sulla selva, brilla.
In quell'innamorato
lume il mio sguardo mira ;
l'anima mia delira
risognando il passato.
giunge il clamor dell'ora :
al ciel che si scolora
olezzan le ginestre.
Una quiete stanca
scende implorata ai vivi :
la luce ai campi, ai clivi
gradatamente manca.
Un vertice selvaggio,
scabra, sassosa mole,
riceve ancor del sole
il moribondo raggio ,
e sul pendio, raccolti
dentro un recinto breve,
sotto la terra greve
riposano i sepolti.
Un divino silenzio
tutte le cose ammanta,
e l'anime rincanta
beverate d'assenzio.
Solo, tra l'erbe, il grillo,
salutando la sera,
scande la tiritera
del suo gracile trillo ;
mentre dall'erme lande
il mite odor del fieno
sotto il cielo sereno
lento s'eleva e spande.
Immortale favilla,
nitida gemma ardente,
Espero in occidente,
là, sulla selva, brilla.
In quell'innamorato
lume il mio sguardo mira ;
l'anima mia delira
risognando il passato.
lunedì 26 agosto 2013
domenica 25 agosto 2013
IL CAMPANACCIO ( Ada Negri 1870-1944)
Solinga valle ove più verde è il verde
dei prati e denso il nereggiar dei pini
sotto pallide nubi senza vento:
stagliansi i monti in cerchio
nell'aria d'un nitor grigio di perla,
e ogni ruga di roccia agli occhi è viva.
Fruscio d'acqua sorgiva
da presso viene : vien da lunge un suono
di campanaccio. Ma ruscel non vedo,
né mandria scorgo. Prati e prati, ondanti
verso l'oscuro limite dei boschi,
e di là montagne, e in alto il cielo.
E il silenzio mi parla, da vicino
e da lontano,
con due voci nascoste, ch'io pur sempre
ebbi dentro di me, che mai non volli
udir, che solo oggi comprendo: - solo
oggi, ch'è tardi, e tutto
è vano.
dei prati e denso il nereggiar dei pini
sotto pallide nubi senza vento:
stagliansi i monti in cerchio
nell'aria d'un nitor grigio di perla,
e ogni ruga di roccia agli occhi è viva.
Fruscio d'acqua sorgiva
da presso viene : vien da lunge un suono
di campanaccio. Ma ruscel non vedo,
né mandria scorgo. Prati e prati, ondanti
verso l'oscuro limite dei boschi,
e di là montagne, e in alto il cielo.
E il silenzio mi parla, da vicino
e da lontano,
con due voci nascoste, ch'io pur sempre
ebbi dentro di me, che mai non volli
udir, che solo oggi comprendo: - solo
oggi, ch'è tardi, e tutto
è vano.
fotografia Piero Reggio |
sabato 24 agosto 2013
SENTIRE IL SUOLO CREPITARE di A. Zarri da : "Quasi una preghiera " ed. Einaudi
...
E' un tempo in cui la stagione, e anche i periodi di vacanza, ci invitano a un contatto più stretto con la tua creazione. Magari per chi vive in città le ferie sono l'unica occasione per accorgersi dei ritmi naturali: il gran giro del sole che scandisce l'alternarsi del giorno e della notte e il giro più discreto e mutevole della luna: i due luminari, come li chiama la Bibbia: il luminare maggiore per rischiarare il giorno, e il luminare minore per rischiarare la notte.
Forse, Signore, è il tempo giusto per accorgerci di quanto sia bello questo mondo che tu hai fatto per noi. E' il tempo per recitare il salmo 104 e per domandarti occhi nuovi per vedere la novità del mondo che, ogni giorno, rinasce dalle ceneri rosse del tramonto in tenerissime albe. Perché i colori della sera sono grevi e come impolverati e le albe invece limpidissime, come se la notte avesse deterso il cielo dall'affaticamento del mondo.
Ma non darci , Signore, occhi soltanto, per vedere: acuisci tutti i nostri sensi che l'abitudine addormenta. Perché anche di orecchie abbiamo bisogno, per ascoltare i mille suoni della vita ; e non soltanto l'usignolo ma anche il cinguettio più modesto del passero ; e il grido della gallina che annuncia di averci regalato un uovo ; e il mormorare del vento tra le foglie ; e il tonfo del ranocchio nello stagno.
E di odorato : il suolo che crepita nel sole ha un suo odore, così come le nebbie avevano, in inverno, un loro odore. E i fiori. E' un perenne stupore il fatto che ogni fiore abbia un profumo diverso, riconoscibile fra tutti: un alfabeto dalle mille lettere che dobbiamo imparare a leggere, ciascuna col suo significato: profumi lievi e freschi, come l'erba nuova, profumi forti e robusti, profumi dolci, profumi pungenti e aggressivi, profumi densi e carnosi, profumi austeri ... come l'incenso delle chiese : l'unico che noi occidentali abbiamo usato nella liturgia.
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E' un tempo in cui la stagione, e anche i periodi di vacanza, ci invitano a un contatto più stretto con la tua creazione. Magari per chi vive in città le ferie sono l'unica occasione per accorgersi dei ritmi naturali: il gran giro del sole che scandisce l'alternarsi del giorno e della notte e il giro più discreto e mutevole della luna: i due luminari, come li chiama la Bibbia: il luminare maggiore per rischiarare il giorno, e il luminare minore per rischiarare la notte.
Forse, Signore, è il tempo giusto per accorgerci di quanto sia bello questo mondo che tu hai fatto per noi. E' il tempo per recitare il salmo 104 e per domandarti occhi nuovi per vedere la novità del mondo che, ogni giorno, rinasce dalle ceneri rosse del tramonto in tenerissime albe. Perché i colori della sera sono grevi e come impolverati e le albe invece limpidissime, come se la notte avesse deterso il cielo dall'affaticamento del mondo.
Ma non darci , Signore, occhi soltanto, per vedere: acuisci tutti i nostri sensi che l'abitudine addormenta. Perché anche di orecchie abbiamo bisogno, per ascoltare i mille suoni della vita ; e non soltanto l'usignolo ma anche il cinguettio più modesto del passero ; e il grido della gallina che annuncia di averci regalato un uovo ; e il mormorare del vento tra le foglie ; e il tonfo del ranocchio nello stagno.
E di odorato : il suolo che crepita nel sole ha un suo odore, così come le nebbie avevano, in inverno, un loro odore. E i fiori. E' un perenne stupore il fatto che ogni fiore abbia un profumo diverso, riconoscibile fra tutti: un alfabeto dalle mille lettere che dobbiamo imparare a leggere, ciascuna col suo significato: profumi lievi e freschi, come l'erba nuova, profumi forti e robusti, profumi dolci, profumi pungenti e aggressivi, profumi densi e carnosi, profumi austeri ... come l'incenso delle chiese : l'unico che noi occidentali abbiamo usato nella liturgia.
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giovedì 22 agosto 2013
CAMPANA DEL PAESE NATIO (Angiolo Silvio Novaro 1868 - 1938 )
Campana
che suona
sì dolce, sì buona
sì umana
mi dona
lontana
fragranza
d'infanzia.
La voce
sì pura
sì bianca
spalanca
serena
chiarezza di foce,
rimena
frescura
di salso,
ristoro
di paci marine,
tremar senza fine
di golfi, nei venti,
frementi
di palpiti d'oro
di sogni
innocenti.
Ed io salpo
verso l'isola senz'orme,
ove felice dorme
il mio cuore d'allora.
che suona
sì dolce, sì buona
sì umana
mi dona
lontana
fragranza
d'infanzia.
La voce
sì pura
sì bianca
spalanca
serena
chiarezza di foce,
rimena
frescura
di salso,
ristoro
di paci marine,
tremar senza fine
di golfi, nei venti,
frementi
di palpiti d'oro
di sogni
innocenti.
Ed io salpo
verso l'isola senz'orme,
ove felice dorme
il mio cuore d'allora.
lunedì 19 agosto 2013
mercoledì 14 agosto 2013
lunedì 12 agosto 2013
domenica 11 agosto 2013
SERA D'ESTATE ( Giovanni Titta Rosa 1891-1972)
La sera sull'ombre crescenti
delle ingiallite pioppaie
portò un respiro di venti
gli acri romori dell'aie.
Prostrati dall'afa, odorando
l'aria, i bovi assonnati
s'alzarono grevi, mugliando,
in cerca d'erbe, pe' prati.
Rigò un fischio l'aria e poi
una voce s'udì da un poggio
e sotto il tramonto roggio
eran tozze statue i buoi.
Rotear di rondini, stridi
lunghi sull'aie, fumare
di camini sull'annottare,
trafelati ritorni ai nidi.
Finché rintoccò una campana
e un guizzo di lampo dal monte
nero colorò l'orizzonte
e la cenere della piana.
Su arbusti e pietre, tinnendo,
gocce caddero, tiepide, rare,
si fermò l'aria, le strade
stavan prone, attendendo.
Ma la notte ritrasse la scura
nuvola negli spazi lontani
e i venti, aridi cani,
ridiscesero nella pianura.
delle ingiallite pioppaie
portò un respiro di venti
gli acri romori dell'aie.
Prostrati dall'afa, odorando
l'aria, i bovi assonnati
s'alzarono grevi, mugliando,
in cerca d'erbe, pe' prati.
Rigò un fischio l'aria e poi
una voce s'udì da un poggio
e sotto il tramonto roggio
eran tozze statue i buoi.
Rotear di rondini, stridi
lunghi sull'aie, fumare
di camini sull'annottare,
trafelati ritorni ai nidi.
Finché rintoccò una campana
e un guizzo di lampo dal monte
nero colorò l'orizzonte
e la cenere della piana.
Su arbusti e pietre, tinnendo,
gocce caddero, tiepide, rare,
si fermò l'aria, le strade
stavan prone, attendendo.
Ma la notte ritrasse la scura
nuvola negli spazi lontani
e i venti, aridi cani,
ridiscesero nella pianura.
venerdì 9 agosto 2013
ESTIVA ( Vincenzo Cardarelli 1887-1959)
Estesa estate,
stagione dei densi climi
dei grandi mattini
dell'albe senza rumore
- ci si risveglia come in un acquario -
dei giorni identici, astrali,
stagione la meno dolente
d'oscuramento e di crisi,
felicità degli spazi,
nessuna promessa terrena
può dare pace al mio cuore
quanto la certezza di sole
che dal tuo cielo trabocca,
stagione estrema, che cadi
prostrata in riposi enormi,
dai oro ai più vasti sogni,
stagione che porti la luce
a distendere il tempo
di là dai confini del giorno,
e sembri mettere a volte
nell'ordine che procede
qualche cadenza dell'indugio eterno.
stagione dei densi climi
dei grandi mattini
dell'albe senza rumore
- ci si risveglia come in un acquario -
dei giorni identici, astrali,
stagione la meno dolente
d'oscuramento e di crisi,
felicità degli spazi,
nessuna promessa terrena
può dare pace al mio cuore
quanto la certezza di sole
che dal tuo cielo trabocca,
stagione estrema, che cadi
prostrata in riposi enormi,
dai oro ai più vasti sogni,
stagione che porti la luce
a distendere il tempo
di là dai confini del giorno,
e sembri mettere a volte
nell'ordine che procede
qualche cadenza dell'indugio eterno.
fotografia P. Reggio |
giovedì 8 agosto 2013
PER UNA FARFALLA INCONTRATA IN MARE (Riccardo Bacchelli 1891-1985 )
Ammiro le farfalle, che lor breve
vita sia tanto amica della morte.
Frali e dipinte, se la porta l'aria
cotesta schiatta lieve,
che accorre alla sua sorte,
uguale e corta, sia la luce varia,
sia che le chiami il fuoco della notte.
E con quel vivo e silente volare,
e su quell'ali d'anima s'attentano
a mettersi per mare.
vita sia tanto amica della morte.
Frali e dipinte, se la porta l'aria
cotesta schiatta lieve,
che accorre alla sua sorte,
uguale e corta, sia la luce varia,
sia che le chiami il fuoco della notte.
E con quel vivo e silente volare,
e su quell'ali d'anima s'attentano
a mettersi per mare.
domenica 4 agosto 2013
" Il mio cuore e' secco come una strada d'agosto " di A. Zarri da " Quasi una preghiera" ed. Einaudi
...
E , infine, con stupore, vedo un filino d'erba che s'è fatto strada tra l'asfalto, ne ha perforato la corazza e s'è affacciato per vedere il sole. Non ha la fortuna dei suoi fratelli dei prati; il sole, alto, sui muri delle case, lo sfiora appena per un breve momento. Però basta, all'intrepido stelo che ha vinto la nera durezza del mantello asfaltato per vivere la sua vita, fatta di chiasso, di violenze, di offesa ma che però ha lui pure i suoi giorni e le sue notti; e il ritmo urbano della gente che esce, al mattino, rientra alla sera, nelle ore "di punta": fa , a sua volta, il mestiere di vivere.
E allora, con gran rispetto, il mio piede lo scansa; e mi accorgo che il mio cuore non è più sasso o asfalto. O, meglio,mi accorgo che anche il sasso e l'asfalto hanno un cuore. E mi accorgo anche di aver pregato, forse.
Forse perché ho ascoltato le cose, ho ascoltato la vita; e mi s'è rotta dentro la corazza che mi chiudeva in me, nascondendomi il sole che pure, sopra, seguitava a brillare.
E allora , perforando le durezze, anche il mio filo d'erba è uscito a cantare la vita.
E' un esile filo di preghiera che si è accorto di te. E' bianco e fragile, per il poco sole; fa ancora fatica a vivere; ma vivrà. Vivrà perché ogni strada ha il suo sole e ogni strada i suoi passi. Per quanto distratti e frettolosi, viene il giorno che si accorgono dell'esile, dolce e intrepido filino d'erba. e lo scansano col piede
Quel po' di prato, che resiste in una situazione tanto avversa, è la nostra fatica di sopravvivere e vivere nel deserto di un mondo poco assuefatto alla preghiera.
Assisti tu, Signore, questo po' d'erba che fa verzicare il nostro cuore e dagli quel tanto di pioggia, di sole e di amore che gli consenta di vivere.
E , infine, con stupore, vedo un filino d'erba che s'è fatto strada tra l'asfalto, ne ha perforato la corazza e s'è affacciato per vedere il sole. Non ha la fortuna dei suoi fratelli dei prati; il sole, alto, sui muri delle case, lo sfiora appena per un breve momento. Però basta, all'intrepido stelo che ha vinto la nera durezza del mantello asfaltato per vivere la sua vita, fatta di chiasso, di violenze, di offesa ma che però ha lui pure i suoi giorni e le sue notti; e il ritmo urbano della gente che esce, al mattino, rientra alla sera, nelle ore "di punta": fa , a sua volta, il mestiere di vivere.
E allora, con gran rispetto, il mio piede lo scansa; e mi accorgo che il mio cuore non è più sasso o asfalto. O, meglio,mi accorgo che anche il sasso e l'asfalto hanno un cuore. E mi accorgo anche di aver pregato, forse.
Forse perché ho ascoltato le cose, ho ascoltato la vita; e mi s'è rotta dentro la corazza che mi chiudeva in me, nascondendomi il sole che pure, sopra, seguitava a brillare.
E allora , perforando le durezze, anche il mio filo d'erba è uscito a cantare la vita.
E' un esile filo di preghiera che si è accorto di te. E' bianco e fragile, per il poco sole; fa ancora fatica a vivere; ma vivrà. Vivrà perché ogni strada ha il suo sole e ogni strada i suoi passi. Per quanto distratti e frettolosi, viene il giorno che si accorgono dell'esile, dolce e intrepido filino d'erba. e lo scansano col piede
Quel po' di prato, che resiste in una situazione tanto avversa, è la nostra fatica di sopravvivere e vivere nel deserto di un mondo poco assuefatto alla preghiera.
Assisti tu, Signore, questo po' d'erba che fa verzicare il nostro cuore e dagli quel tanto di pioggia, di sole e di amore che gli consenta di vivere.
giovedì 1 agosto 2013
UN UOMO ( FILIPPO DE PISIS 1896- 1956)
Un uomo, coricato in un bel prato,
dorme, sogna,
guarda le nuvole erranti.
Son io forse dei giorni beati?
Spiccan le calze bianche
sul verde tenero,
il cielo appena si imporpora.
Che grazia nell'aria!
In fondo passa un vecchino grigio
ricurvo sotto il peso d'un sacco
lacero, tremante, sperduto.
Mi riconosco, son io di cert'ore.
Il cielo si è fatto di pietra.
dorme, sogna,
guarda le nuvole erranti.
Son io forse dei giorni beati?
Spiccan le calze bianche
sul verde tenero,
il cielo appena si imporpora.
Che grazia nell'aria!
In fondo passa un vecchino grigio
ricurvo sotto il peso d'un sacco
lacero, tremante, sperduto.
Mi riconosco, son io di cert'ore.
Il cielo si è fatto di pietra.
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