Acchiappammo il treno per la coda, come si dice e, mentre ci sedevamo col fiato grosso nella vettura, passò nitidamente innanzi al mio spirito il panorama di mio zio Podger, perchè duecentocinquanta volte all'anno egli soleva partire da Ealing Common alle nove e tredici per via Moorgate.
Dalla casa di mio zio Podger alla stazione della ferrovia corre una passeggiata di otto minuti. Mio zio diceva sempre: - Avviatevi un quarto d'ora prima, e prenderete comodamente il treno.-
Ma egli si avviava soltanto cinque minuti prima e si metteva a correre. Non so perchè, ma questo era l'uso del suburbio. In quei giorni molti signori grassi abitavano a Ealing - io credo che vi abitino ancora- e partivano coi primi treni per la città. Tutti s'avviavano tardi alla stazione; portavano in una mano una borsa nera e un giornale, e nell'altra un ombrello; e per l'ultimo quarto di miglio verso la stazione, piovesse o facesse bello, correvano tutti. Gente con nient'altro da fare, principalmente balie e fattorini, con qualche rivendugliolo, qua e là, si raccoglievano ai due lati della strada, nelle belle mattine, per vederli passare, e incoraggiare i più meritevoli. Non era uno spettacolo da annunziare con un cartellone. I corridori non correvano bene, neppure andavano svelti; ma ci mettevano tutta la loro buona volontà e facevano del loro meglio.Lo spettacolo si rivolgeva più alla naturale ammirazione di uno sforzo coscienzioso che al sentimento artistico. Di tanto in tanto qualche piccola, innocente scommessa aveva luogo tra la folla.
- Due contro uno per quel vecchio vestito di bianco.
- Dieci per quella vecchia cornamusa; scommetto che resta così curvo finchè non arriva.
- Sette per quel Gambero - un nomignolo dato da un ragazzo di tendenze zoologiche a un certo militare in ritiro, vicino di mio zio, un signore di aspetto solenne quand'era seduto, ma soggetto a colorarsi molto sotto uno sforzo.
Mio zio e gli altri scrivevano al giornale di Ealing deplorando amaramente l'inerzia locale, e il direttore aggiungeva dei vivaci cappelli sulla decadenza della cortesia fra le classi inferiori, specialmente dei suburbi occidentali. Ma senza frutto.
Non che mio zio si alzasse tardi; ma perchè sorgeva un monte d'ostacoli all'ultimo momento. La prima cosa che faceva ,dopo colazione, era di prendere il giornale. Indovinavamo sempre quando zio Podger aveva perduto qualche cosa, dall'espressione di atterrita indignazione con cui in simili casi egli guardava il mondo in generale. Non veniva mai a mio zio Podger in mente di dirsi:
- Sono un trascurato. Non so mai dove ho messo un oggetto. Sono incapace di ritrovarlo da me. Sotto questo aspetto debbo essere un vero malanno per quanti mi stanno d'attorno. Debbo mettermi di punta a correggermi.
Al contrario, per qualche suo strano metodo di ragionamento, si convinceva che quando perdeva una cosa la colpa non era sua; ma degli altri.
- Un minuto fa l'avevo in mano - esclamava.
Dal tono si sarebbe pensato che egli vivesse circondato da prestidigitatori che facevan volare via gli oggetti semplicemente per irritarlo.
- L'avessi lasciato nel giardino?- diceva mia zia.
- Perchè avrei dovuto lasciarlo nel giardino? Non mi occorre nel giardino; mi occorre in treno.
- Guardati in tasca.
- Che Dio ti benedica! Credi che starei qui, alle nove meno un quarto, se lo avessi in tasca? Mi credi uno sciocco?
A questo punto qualcuno esclamava:
- E questo che è?
E tirava fuori da qualche parte un giornale accuratamente piegato.
- Vorrei che la mia roba non la toccasse nessuno - ringhiava mio zio, afferrando il giornale con furia selvaggia. Faceva per metterlo nella valigetta, ma poi, dandogli un'occhiata, si arrestava senza parola, con un sentimento di offesa dipinto in viso.
- Che c'è? - chiedeva mia zia.
- E' dell'altro ieri! egli rispondeva, così arrabbiato che non poteva neppure gridare, gettando il giornale sulla tavola.
Se qualche volta fosse stato del giorno prima ci sarebbe stata una variazione. Ma era sempre di due giorni prima; meno il martedì, quando il giornale era del sabato.
A volte, quando egli non era seduto sopra il giornale, riuscivano a rintracciarglielo. E allora sorrideva, non genialmente, ma con la noia d'un uomo che sente che il destino lo ha gettato fra un branco d'idioti incurabili.
- Sempre dritti al naso!...- Egli s'interrompeva, orgoglioso di sapersi dominare.
E allora, si avviava al vestibolo, dove mia zia Maria aveva l'uso di raccogliere i bambini per dargli l'addio.
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