lunedì 21 novembre 2011

il giardinaggio da "The Egg and I" di Betty MacDonald (1908-1958)

L'orto di Bob era una cosa bella e simmetrica. Era bordato da grossi ciuffi di rabarbaro i cui steli picchiettati di rosso erano grossi come il mio braccio, e così avviticchiati che si spaccavano in due pieni di succo. Fra l'una e l'altra pianta, alimentati dall'acqua di scolo della concimaia, con la quale innaffiavamo continuamente il rabarbaro, c'erano prezzemolo, porri, basilico, timo, salvia, maggiorana, aneto e finocchi. Mettevo il prezzemolo in tutto, meno nel gelato, diceva Bob; ma doveva ammettere che la salsa di pomodoro, lo stufato, i rognoni saltati, gli spaghetti, il tortino di carne sembravano insapori quando non vi si metteva il basilico, una volta che si erano assaggiati con quell'aroma. La menta cresceva folta e verde accanto alla legnaia; e la mia gran paura era che si mettesse a spuntare anche altrove, data la facilità con la quale attecchiva. In lunghe file di una trentina di metri che andavano dai piselli profumati al rabarbaro e alle erbe aromatiche, crescevano carote, rape, piselli da mangiare, barbabietole, scorzonere, sedani, lattughe, indivie, broccoli, cavoli cappucci, cavolfiori, cardi, rafani, fagioli, cetrioli, pomodori, zucchine, ravanelli, cipolle (quelle dolci e piatte delle Bermude che venivano grosse come mele e quasi altrettanto zuccherine) e cavolini di Bruxelles. Al di là del locale di allevamento - almeno in quello che per quell'anno aveva quella destinazione - Bob preparò un letto di asparagi che calcolai avrebbe potuto provvedere - quando fosse stato in piena produzione - a tutta quella parte degli Stati Uniti che va dal fiume Columbia all'Oceano Pacifico.
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Poichè l'orticoltura di Bob era così sicura e riusciva in modo così perfetto, non mi sembrava giusto che la mia opera risultasse sempre straordinariamente discutibile. La maggior parte dei miei semi non solo non germogliava ma scompariva completamente. Altri spuntavano il giorno seguente, come i fagioli, oppure non davano segni di vita finchè io non avevo perso ogni speranza e non avevo piantato qualche altra cosa nello stesso punto. Allora spuntavano tutti insieme e creavano confusione e disordine. I miei semi, in qualunque ordine io li mettessi nella terra, germogliavano sempre a ciuffi. Una grossa ciocca qui, poi un bel pezzo di vuoto, poi un ciuffetto rachitico, una pianta singola e una altro grosso ciuffo. Quindi le mie piante generalmente non erano vigorose; e sono sicura di avere introdotto nell'emisfero settentrionale maggiore varietà di malattie delle piante di quanto abbia mai fatto chiunque altro. Seminavo nasturzi e "piedi corvini" e venivano fuori coperti di ruggine della giungla sud-africana e di bitorzoli dell'Imalaia. Finalmente decisi che invece della "mano felice" dovevo avere il "tocco della morte" e che non ero certamente destinata ad essere un secondo Mowgli nè un "Pastorello delle colline" perchè odiavo le piccole cose selvagge ed esse odiavano me. D'altro canto Bob aveva afferrato la Natura per le corna e i suoi piselli odorosi avevano dei fiori grossi come gladioli e gambi lunghi più di tre metri.
Il negoziante presso il quale compravamo i bulbi mi diede una quantità di tuberi di bellissime dalie singole trattenendo soltanto gli idrocefali mostruosi di un color lavanda fegatoso e di un rosa violento. Ma mi disse: " Dovreste dedicarvi ad un altro passatempo vi sono persone che sono assolutamente negate alla floricoltura. Sicuro, fareste bene a cercarvi un altro passatempo."

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