Tornò ansando, Caino
nel folto del suo giardino.
Prese un ferro di fatica
e tra gramigna e ortica
fece un solco, l'approfondì
e il coltello vi seppellì.
Un coltello insanguinato
che dal fuoco parea cavato.
***
Viene la notte, l'ombra cala
silenziosa come un'ala
ala di corvo scura scura
con un vento di sciagura;
e dormire non può, Caino.
Vede un fuoco nel giardino
una lama di fuoco acuta
che lo cerca e che lo scruta.
Egli ha paura, si sente vile.
Prende il picco, prende il badile,
su quella fiamma la terra butta.
Suda una notte ma non l'ha distrutta.
Su quella fossa a poco poco
è nato un colle, una rupe di fuoco.
Caino gronda sudor dalla fronte
e quella rupe diventa un monte.
Per chi la vede bruciar di lontano
quella montagna somiglia un vulcano.
Chiama il Signore : - Caino! - E Caino
trema nascosto in folto di spino
dove tra erbe malefiche striscia
sola compagna di colpa, la biscia.
- Qui c'è una greggia - gli dice il Signore -,
la greggia è sparsa e non vedo pastore.
Non vedo Abele. Sai dirmi dov'è ?
- Abele mi odia e non vive con me.
- Vedo una vampa di sangue che rugge !...
- Sangue di lupo ferito che fugge.
- Odo nell'aria un richiamo, un lamento!
Odo d'Abele la voce nel vento.
Fammi vedere le mani, Caino !
- Mandano sangue, han toccato lo spino.
- Fammi vedere i tuoi occhi ! - Non posso.
Il sol m'abbacina !... - Che occhio rosso !
E' occhio d'uomo ed à sguardo di belva;
teme la luce del giorno e s'inselva.
Fammi vedere il tuo cuore !...- Caino,
ricorda un cuore, il suo cuor, di bambino,
e invan lo cerca frugandosi tutto.
Aveva un cuore e quel cuore è distrutto.
Abele giace e la greggia cammina.
Caino fugge e fuggendo trascina
con sé la morte nell'anima oscura.
Non ha rimorso, ma soltanto paura.
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