L'esile pesco al marzo che lo allaccia
fiorirebbe, ma vede ancora i monti
troppo nevosi e teme che lo affronti
d'aspri venti una subita minaccia.
Anche teme che il suo fiorir dispiaccia
al grande pioppo, il re degli orizzonti,
e al vecchio fico che, a vegliarne i pronti
spiriti, allarga le paterne braccia.
Ma una tiepida notte, ecco, l'invade
un languore, un tremore, un desio folle.
Poi come un lungo anelito... E' l'aurora.
E vede sé. fulgente di rugiade,
chiuso in un roseo nembo di corolle,
che ai venti mattutini esita e odora.
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