Che lungo silenzio, Signore, nel bosco!Ogni anno succede così, lo so bene, io che di anni ne ho molti; e li ho tutti segnati negli anelli di legno del mio tronco;ogni hanno un anello; e sopra la lucida scorza, ora annerita dalla pioggia e dal gelo. Ogni hanno è così; eppure è sempre un fatto nuovo, inatteso, definitivo (almeno sembra).
Le mie foglie verdi e gloriose, larghe di ombra e di rifugio per gli animali del bosco, sono appena un ricordo e stanno marcendo ai miei piedi, come un tappeto funebre, impregnato di umido e di funghi. Anche le bestie dormono - la maggior parte - sotto terra, in un letargo parente della morte.
Tutti gli alberi son disperati rami secchi che tendono tragiche braccia nere in un'inutile invocazione al cielo. E il cielo è (o era?) grigio, inclemente, largo solo di neve. E la neve ci ha, sì, protetti dai morsi più acuti del gelo ma ha anche aperto larghe ferite nel tessuto del bosco e nelle membra degli alberi. Intere piante si sono schiantate sotto il peso e tante, pure rimaste in piedi, son però mutilate.
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Credo, Signore, che ci saranno ancora primavere e prati verdi, e foglie ombrose, e nidi sui rami alti degli alberi e viole mammole alle loro radici. Credo che ci saranno sempre arcobaleni, dopo ogni temporale e scrosci lieti di pioggia, dopo le siccità, e squarci di nuvole e finestre di sole dopo le piogge.
Credo che la vita continua e che non può morire perché tu non vuoi che muoia ma soltanto che dorma, per una breve stagione, come le talpe che s'intanano sotterra e le lucertole che dormono all'oscuro ma, al primo sole, ecco che ricompaiono e riprendono a vivere. Ora dormono ancora, come le mie gemme; ma già le sento premere e rigonfiarsi.
Dammi, Signore, la dolce pazienza di dormire nella docile attesa, dammi la fede nel futuro della vita che tu hai voluto inestinguibile, dammi la speranza e la costanza di aspettare e di aspettarti.
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