Nel 1660, all'indomani del matrimonio con l'infanta Maria Teresa, il giovane re aveva voluto sottolineare il suo rientro nella capitale con un inconsueto splendore. Si trattò solamente di una sfilata, ma una sfilata che, da Vincennes al Louvre e dall'alba alla notte, dimostrò tutta la sua magnificenza persino nello sfarzo quasi regale dei suoi ministri.Tutti i corpi dello Stato, tutta la popolazione, tranne"la gente del volgo", vi erano rappresentati. Tutti vi trovarono un motivo d'orgoglio. L' Entrée solenne - di cui possediamo diverse descrizioni puntuali e sul quale comparvero non meno di sessanta fra libri e opuscoli -deve aver stupito, a quanto pare, la folla col suo sfarzo e la sua variegata composizione. Lungo l'intero percorso, le milizie borghesi, che il sovrano aveva passato in rassegna tre giorni prima nella pianura di Vincennes, facevano ala ai due lati della strada. Le campane suonavano a stormo. Dalle finestre dell'Hotel de Beauvais, in rue Saint.Antoine, la regina madre, il cardinale, Turenne, gli ambasciatori stranieri assistevano alla sfilata. Appesi ai balconi, aggrappati ai tetti, ammucchiati ai piedi delle case, tutti gli abitanti di Parigi, o quasi, si vedevano sfilare davanti i vari gruppi che costituivano il corteo e salutavano con evviva le figure più popolari. Un rigoroso protocollo regolava l'ordine in cui procedere. In testa veniva la Chiesa. I quattro ordini mendicanti prima, poi i preti delle parrocchie cantando, precedevano l'Università:nembi di vesti rosse o nere e di berretti quadrati intorno al rettore, in abito violetto e mozzetta d'ermellino. I nobili della Città costituivano un altro gruppo, in abiti mezzo rossi mezzo marroni, con i cavalli bardati di drappi dorati, tenuti per le briglie. I trecento arcieri portavano la casacca blu con la nave d'argento, il governatore di Parigi e le sue guardie in casacche gialle precedevano il prevosto dei Mercanti, a cavallo tra lacchè vestiti di velluto verde. E ora i Mestieri: nelle loro vesti di velluto, le guardie dei "Sei Corpi" e, tra queste pavoneggiandosi nei loro farsetti di broccato d'argento, i maestri sarti. I corpi di Polizia, la guardia a cavallo e a piedi e la massa degli abiti neri dei magistrati dello Chatelet e dei loro dipendenti ispiravano ai Parigini più timore che simpatia. Le Corti supreme a cavallo, superbamente circondate da trombettieri e arcieri, il Parlamento e il suo primo presidente Lamoignon, una figura amata dai Parigini, e gli altri presidenti, con i grandi mantelli di scarlatto con ornamenti di ermellino fluttuanti sul dorso dei cavalli, sfilavano subito dietro. Ed ecco sbucare, nella parte stretta di rue Saint-Antoine, sotto le finestre dell'Hotel de Beauvois, da cui il ministro lo guardava passare, il seguito di Sua Eminenza. Uno spettacolo incredibile, che rivelava l'onnipotenza del ministro, di cui peraltro il re non si adombrò. Trombettieri, Svizzeri, settantadue muli con gualdrappe di velluto rosso e oro, con i finimenti dp'argento, ciuffi di piume in testa, paggi, mulattieri, palafrenieri, cavalli di Spagna dai morsi dorati, precedevano undici carrozze a sei cavalli preziosamente decorate. Il corteo si concludeva con le cento guardie del cardinale, dai caschi rossi gallonati d'argento e d'oro.Seguivano gli equipaggi di Monsieur e quelli del re, con la piccola e la grande scuderia. Il cancelliere Séguier non aveva voluto essere da meno. Una pittura di Le Brun, conservata al Louvre, lo fa vedere a cavallo, in abito di broccato d'oro sulla gualdrappa trapunta d'oro del suo destriero, circondato da sei paggi in giubba e brache a sbuffo, due dei quali tengono sopra la testa del cancelliere un parasole. Una cavalla portava, in un cofanetto d'argento dorato, i sigilli, su una gualdrappa a strascico di velluto azzurro. Finito con i ministri. Dopo i moschettieri, le guardie del corpo, i cavalleggeri scarlatti, i cento gentiluomini a becco corvino e i maggiordomi del re, ecco la nobiltà, caracollante in abiti scintillanti d'oro e di pietre preziose sotto il sole. Araldi, grandi ufficiali della Corona e marescialli di Francia precedevano infine il baldacchino d'oro del re, sotto il quale egli non aveva voluto marciare perchè la folla potesse vederlo. Il re procedeva a cavallo, scintillante di diamanti, "bello come l'astro del giorno che esce dal grembo dell'aurora". Dietro di lui, Condè e infine al suo seguito, la giovane regina sopra un cocchio detto "alla romana", una specie di navicella d'argento dorato sotto un baldacchino ricamato d'argento tirato da sei cavalli dalle gualdrappe argentate, di dove si offriva all'entusiasmo della folla, come un idolo ricoperto d'oro e di pietre preziose. Dappertutto oro che, sotto il regno di Luigi XIV, simboleggia la potenza e la bellezza, allora identificata con la ricchezza. L'immane corteo, al suono delle trombe, troverà lungo il percorso archi di trionfo di tele dipinte a "trompe-l'oeil" e di sculture di gesso, architetture di sogno liberate da peso e che, grazie al loro carattere precario, avevano potuto essere impreziosite con le tinte dei marmi più pregiati e con sfarzose dorature.
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