VENEZIA, CASA VENIER DEI LEONI 1910
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Dopo aver acquisito la proprietà, Luisa riunì una squadra dei migliori progettisti, falegnami e decoratori della nazione, che finanziò personalmente per restaurare il rudere abbandonato. Ordinò di risanare le condizioni della struttura conservando però l'atmosfera decadente. Il risultato fu ammirevole; all'interno delle mura deteriorate tutto era magnificenza.
Lampadari provenienti dalle botteghe di rinomati vetrai locali diffondevano una luce dorata nelle sale di marmo bianco.Un'ulteriore fonte di illuminazione originava dai vasi di alabastro coronati di rose d'avorio, ambra e cristalli di rocca, illuminati dall'interno.Una scala di metallo verderame collegava il piano superiore al piano inferiore, e le finestre erano adornate da tende di trine dorate che luccicavano al sole. Anche qui, come nella villa romana della Casati, i colori degli interni erano il bianco e il nero, con l'eccezione di un salone decorato interamente a foglia d'oro con effetto anticato.Luisa faceva trasferire addirittura un'intero pavimento di marmo bianco e nero dalla villa di Roma a Venezia, a ogni stagione. Gli architetti dei giardini domarono anche la giungla in cui si era trasformato il parco. I pavoni bianchi zampettavano impettiti in mezzo a grovigli di edere e liane, e i merli albini volavano tra i rami dei cipressi...
Il levriero bianco e quello nero furono trasportati da Roma senza pericolo. Erano certamente felici di avere un giardino così grande a disposizione; un pò meno del doverlo dividere con i due ghepardi appena acquisiti dalla padrona. Malgrado molti ricordino dei leopardi, si trattava invece di questi più docili gattoni africani...che la accompagnavano persino nelle escursioni in gondola. Luisa si procurò anche un servitore, un tizio di colore grande e grosso di nome Garbi che sembrava l'incarnazione delle statue dei mori. Garbi si rivelò presto una presenza indispensabile durante le feste in maschera e le apparizioni in pubblico.
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