venerdì 31 agosto 2012

cerco parole...

CERCO PAROLE
TRA LE ROSE NEL CUORE
CERCO SUSSURRI
CERCO ACCENTI E ARMONIE
TRA LE ROSE NELL'ORTO.

fotografia Chiara Reggio

giovedì 30 agosto 2012

una riflessione su passato e presente : da "Il pane di ieri " di Enzo Bianchi ed. Einaudi

el pan ed sèira, l'è bon admàn "il pane di ieri è buono domani "... Come sempre nella saggezza contadina e popolare, il proverbio affonda le radici in un dato concreto, oggettivo - le grosse pagnotte che venivano conservate per più tempo non si prestavano a essere mangiate fresche, ma davano il meglio del loro gusto un paio di giorni dopo essere uscite dal forno - per poi fornire un insegnamento più vasto: il nutrimento solido che ci viene dal passato è buono anche per il futuro e i principi sostanziali che hanno alimentato l'esistenza di chi ci ha preceduto sono in grado di sostenere anche noi e di darci vita, gioia, serena condivisione nel nostro stare al mondo accanto a quanti amiamo.


mercoledì 29 agosto 2012

UN FILO DI RAGNO (ZINAIDA GIPPIUS 1869-1945)

Attraverso un sentiero del bosco, in un comodo cantuccio,
un elastico e lindo filo di ragno,
asperso di allegria solare e di ombra,
è sospeso nei cieli; e con un tremito impercettibile
il vento lo fa vibrare, tentando invano di strapparlo;
il filo è saldo, sottile, diafano e semplice.
E' tagliata la viva cavità dei cieli
da una linea sfavillante, da una corda policroma.

Noi siamo avvezzi a stimare solo ciò che è confuso.
Con falsa passione nei nodi ingarbugliati
cerchiamo sottigliezze, ritenendo impossibile
congiungere nell'anima semplicità e grandezza.
Ma sono meschine, ruvide e smorte le cose complesse;
e l'anima sottile è semplice come questo filo.

fotografia Chiara Reggio

martedì 28 agosto 2012

GLI ANGELI ( KAZIMIERA ILLAKOWICZ 1892- 1983)

Si può forse giocare con gli uccelli
- come con una palla?
Con la cincia, la cutrettola, la ghiandaia, il ciuffolotto
- come con una farfalla?
Come il fringuello - come con un campanello?
Con la taccola come con un giocattolo?
Così fanno gli angeli,
quando vogliono trascorrere un giorno in allegria.

Uno predica al cuculo, lo tiene sulla mano,
e questi, confuso, annuisce con lo sguardo ad ogni parola,
un altro ritocca di grigio i passeri avvampati dal cinguettio,
un terzo tiene in ogni mano un lucherino rissoso.
E quando, sebbene separati, litigano ancor più
arrivano gli angeli più giovani a intonar canti sereni.


fotografia Chiara Reggio

lunedì 27 agosto 2012

FORMAZIONE DEGLI ARTISTI da "La vita quotidiana a Parigi ai tempi del Re Sole di J. Wilhelm

Quando un bambino che non apparteneva a una famiglia di artisti dimostrava inclinazione al disegno, lo si metteva a fare l'apprendista - verso gli undici, dodici anni - presso un pittore o uno scultore e il contratto - stipulato davanti al notaio - specificava i precisi doveri reciproci. Per i genitori si trattava di una spesa notevole, per almeno tre anni, a volte molto di più. Come tutti gli apprendisti, il bambino serviva come domestico nel laboratorio, puliva le tavolozze, mescolava i colori, preparava le tele, e questo per molto tempo prima di essere autorizzato a tenere in mano un pennello. Se entrava a fare l'apprendista da un maestro pittore doveva, in base alle regole della comunità, rimanervi cinque anni, poi farne altri quattro come lavorante, prima di poter aspirare a diventare maestro a propria volta. Nel 1656, delle lettere patenti vietarono a tutti gli artisti, eccettuati i membri dell'Accademia reale, di aprire una pubblica scuola di disegno e quella che aveva organizzato fin dal 1648 la comunità dei maestri pittori venne quindi soppressa, almeno in teoria, dal momento che nel 1664 si dovette rinnovare l'ordinanza. Solo nel 1705, visto il bisogno di denaro per le casse dello Stato, il re fu costretto a vendere alla comunità il diritto di riaprire la scuola e di farvi posare modelli dal vero. Tuttavia, un maestro pittore non aveva più- ormai da parecchio tempo-alcuna speranza di fare una brillante carriera e di poter sfruttare commesse ufficiali. La lotta tra la Regia Accademia e la corporazione si concluse, dunque, con il trionfo della prima, malgrado la resistenza di artisti della fama di un Mignard, che dovettero alla fine rassegnarsi. A partire dal 1663 si può dire che, tranne rare eccezioni, tutti i pittori di talento erano accademici. Bisognava far parte di una qualche corporazione per avere il diritto di vendere le proprie opere. I maestri pittori, però, non furono presi in considerazione. Tuttavia, fino al 1674, sembra che la corporazione dei pittori di Saint-Germain-des-Près avesse continuato ad accogliere- sotto la mite ferula dell'abate- parecchi artisti stranieri, spesso pieni di meriti, i quali, perseguitati dalla corporazione parigina, non potevano vendere le loro tele se non nel territorio dell'abbazia e, in particolare, alla fiera di Saint-Germain,che godeva delle medesime prerogative. Sfortunatamente, per recarsi da rue du Sépulcre (l'attuale rue du Dragon), dove molti di essi avevano le loro botteghe, fino alle bancarelle della fiera, i pittori dovevano attraversare un terreno che apparteneva alla città, dove gli ufficiali di polizia incaricati dalla corporazione li attendevano al varco per sottrarre loro le tele. Essi dovevano perciò attendere la notte o ricorrere a stratagemmi vari. Gli apprendisti che avevano la fortuna di appartenere al laboratorio di un famoso accademico, presso il quale studiavano spesso numerosi allievi, potevano sperare in un futuro fausto. I laboratori di Jacques Sarrazin, degli Anguier, di Magnier aveva formato grandi scultori. Il principale laboratorio di pittura parigino era stato, sotto Luigi XIII, quello di Simon Vouet. Gli ultimi suoi allievi espressero il loro talento solo il regno di Luigi XVI, per esempio Mignard, poi Le Brun, il quale avrebbe fatto scuola a propria volta. Fin dalla sua fondazione la Regia Accademia di pittura e scultura cercò di organizzare un insegnamento artistico. Essa si insediò nel Palais Brion, parte del Palais Cardinal, dove inizialmente stava la biblioteca di Richelieu, poi al Louvre. Alla scuola dell'Accademia i giovani alunni imparavano non solo a disegnare, ma seguivano conferenze dedicate alla storia religiosa, a quella antica, alla mitologia, nonchè alla prospettiva e all'anatomia. Tale formazione rendeva loro familiari i temi più ricercati, che nessuno ormai riesce più a decifrare. La pittura storica, che costituiva il genere più elevato, doveva in effetti comportare un insegnamento morale. Il soggetto dell'opera era considerato altrettanto importante della sua resa plastica, tenuto conto del fatto che ogni accademico aveva notevoli cognizioni tecniche e sapeva tutto dell'"espressione delle passioni", che era stata oggetto di approfonditissimi studi da parte di Le Brun. La scuola imponeva allora uno stile. E' un dato tipico dell'accademismo.

Le Brun- le espressioni




domenica 26 agosto 2012

sabato 25 agosto 2012

ultimo sabato di agosto...

Il cielo è grigio e la foschia nasconde le Alpi e le Langhe, fa caldo , il sole appare e scompare e lontano si sente il tuono.  Gli alberi di susine perdono già le foglie, le rose cercano di resistere e stanno già fiorendo le settembrine, rosa e violette. Sul balcone i vasi di fiori e di aromi sono sfiniti dal caldo che non dà tregua nemmeno di notte, ma fioriscono ancora le portulache , le petunie ,  gli astri nani e qualche bocca di leone. Anche il basilico e la maggiorana hanno i loro fiori  bianchi. Il gatto dei vicini ha fatto amicizia con una nuova inquilina che non conoscendo ancora la sua ingordigia lo rimpinza tutte le sere e sta diventando sempre più grasso e indolente ; ieri sera il padrone è andato a cercarlo e lo ha riportato a casa in braccio ; non ce la faceva più (il padrone non si è ancora accorto dei suoi spuntini fuori casa). Ci sono leggere folate di vento, pioverà ? Speriamo !...





fotografie Chiara Reggio

venerdì 24 agosto 2012

aspetto la poesia...

 Ora - deve venire la poesia
come la certezza dei miei
occhi stanchi - la sera.
Per quell'arcana solitudine
che non mi lascia
l'aspetterò - in un paese di mare
dove la mia passione ebbe
un confine
o su una collina dalle zolle arse.


fotografia Piero Reggio

giovedì 23 agosto 2012

la camera di Colette e i "fiocchi di neve" da . "La scrittrice abita qui " di Sandra Petrignani ed NeriPozza

Gli ultimi dieci anni della vita , che terminò nel 1954, Colette li passò in una stanza, inchiodata la maggior parte del tempo al suo letto-zattera, come lo chiamava, per una forma incurabile di artrosi.
...
Quella stanza da reclusa, un tempo cuore di un appartamento parigino in rue de Beaujolais al 9, dentro Palais Royal, dove visse dall'inizio del 1938 fino alla fine, è stata conservata (in magazzino) e poi ricostruita all'interno del castello di Saint-Saveur-en-Puisaye, dove ha sede dal 1996 il Musée Colette.
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La prima impressione sulla stanza di Colette, è che non sembra la camera da letto/studio di una scrittrice. E' rosso fuoco. Come in un vecchio bordello. Rosse le pareti, foderate di seta, e anche il soffitto. Diceva che non aveva senso lasciarlo bianco se doveva passare tanto tempo distesa a guardarlo. Rosso il letto e le lenzuola. La coperta, che compare anche in tante ultime fotografie, è di pelliccia. Alcune poltroncine sono ricamate a mano da lei, broderie anglaise:fiori e farfalle. Si dedicò al punto inglese tra le due guerre, ricamava sopratutto copricuscini per sè e per le amiche che dalla campagna la rifornivano di cibo.
...
Nel 1947 Truman Capote ottiene un appuntamento con la "Grande Mademoiselle", grazie all'intercessione di Cocteau e di Natalie Clifford Barney, l'Amazzone, che conosce Colette dalla giovinezza(hanno anche avuto un piccolo flirt)La vecchia scrittrice francese e il giovane scrittore americano simpatizzano tanto che lei gli regala un fermacarte di vetro (un "fiocco di neve") della sua splendida collezione ottocentesca, iniziandolo così a quel vizio costoso: Lo riceve a letto, nella stanza tutta drappi rossi, tutta luci soffuse per i foulard rosa avvolti attorno alle lampade.
...
La stanza ricostruita al Museo Colette è piena di quei "fiocchi di neve" Sono stati concentrati dentro vetrine su mensole trasparenti, ma bisogna immaginare il tempo in cui fiorivano in tutta la casa di rue de Beaujolais, sui marmi dei caminetti, sparsi su scaffali e tavolini, utilizzati davvero per tenere fermi fogli svolazzanti, spostati qui e là secondo il capriccio del momento: In un raro scritto sulla madre, Colette de Jouvenel parla di questa passione per le sfere di cristallo, le biglie, le bolle di vetro che racchiudono "giardini fioriti e fondi marini" Sono bouquets miniaturizzati, pura bellezza, "acqua illustrata". Racconta di come Colette andava nei mercatini non per dare la caccia a un pezzo raro, come fanno i veri collezionisti (che non teneva in grande considerazione) ma semplicemente per trovarne un esemplare che le piacesse da cogliere al volo e a buon prezzo, come si coglie un fiore. Andare per mercati e per negozietti la divertiva tantissimo. E poi a casa "armata della sua lente d'ingrandimento rettangolare, ammirava l'anima ingenua, esclusiva e misteriosamente perfetta del suo reperto e si congratulava con la sicurezza della mano dell'anonimo artista che l'aveva creata": Piaceva a Colette la gratuità di quegli oggetti, proprio il loro non servire a niente, e poi la forma sferica, la trasparenza, il capolavoro nascosto in ciò che si considera qualsiasi, insignificante."La sfera di cristallo, abisso, trappola per immagini, risorsa di uno spirito stanco, generatrice di chimere..."scrisse nel Voyage égoiste. In quel libro di ricordi, articoli, riflessioni raccontò anche la storia delle biglie di vetro che le regalò René Lalique, oggi conservate nel suo museo. Sembrano "caramelle sempre pronte per essere succhiate" blu, gialle, arancioni, bianche, verdi, celesti, tutte le sfumature dell'acqua, delicate e ipnotiche, come bolle di sapone:"I nostri bambini non trovano più biglie per giocare" scrisse a Lalique, avendo deciso di comprare le palline di vetro direttamente alla fonte. E Lalique rispose con l'invio di cento biglie multicolori, ma erano così belle che i bambini continuarono a non averle: Colette se le tenne per sè.
Con un gatto grigio steso sulle gambe e le labbra sottili dipinte di rosso scarlatto "come quelle di una vera donna di strada" , Colette illustra a un Capote incantato l'arte dell'antica cristalleria: Gli parla, come se gli raccontasse una favola, dei Baccarat, dei Saint-Louis, dei Clichy: Gli spiega che i pezzi più belli sono stati fabbricati fra il 1840 e il 1880 e che lei ha cominciato a collezionarli prima dell'ultima guerra, quando non andavano di moda. Perciò ha ha fatto affari magnifici, mentre "oggi un bel pezzo costa una fortuna" e così dicendo gli mette in mano un Baccarat sfaccettato, e che non contiene nemmeno una bolla d'aria, e che racchiude una rosa bianca: E quando lui protesta che  non può assolutamente accettare, la vecchia signora gli dice :"ma caro, che senso avrebbe regalare qualcosa che ci appartiene, se non ci teniamo?".



mercoledì 22 agosto 2012

I GIARDINI NASCOSTI di Ada Negri

Amo la libertà dei tuoi romiti
vicoli e delle tue piazze deserte,
rossa Pavia, città della mia pace.
Le fontanelle cantano ai crocicchi
con chioccolio sommesso:alte le torri
sbarran gli sfondi, e , se pesante ho il cuore,
me l'avventano su verso le nubi.
Guizzan, svelti, i tuoi vicoli, e s'intrecciano
a labirinto; ed ai muretti pendono
glicini e madreselve; e vi s'affacciano
alberi di gran fronda, dai giardini
nascosti. Viene da quel verde un fresco
pispigliare d'uccelli, una fragranza
di fiori e frutti, un senso di rifugio
inviolato, ove la vita ignara
sia di pianto e di morte. Assai più belli
i bei giardini, se nascosti: tutto
mi par più bello, se lo vedo in sogno.
E a me basta passar lungo i muretti
caldi di sole; e perdermi nè tuoi
vicoli che serpeggian come bisce
fra verzure d'occulti orti da fiaba,
rossa Pavia, città della mia pace.



fotografia Piero Reggio

martedì 21 agosto 2012

Un fiore anticonvenzionale...


In un vaso di portulache da un bulbo piantato chissà quando è nato e fiorito un lilium rosa; è alto solo pochi centimetri , ha un solo fiore nemmeno troppo perfetto, ma si gode il sole dell'agosto invece che le fresca primavera. Un fiore rivoluzionario?...

venerdì 10 agosto 2012

il mare Mediterraneo e il mare di Bretagna da: Hotel Bella Vista di Colette

Io mi sedetti sulle alghe secche, strappate al mare e ammonticchiate in banchi dalle ultime burrasche d'equinozio, e saggiamente la mia cagna si strinse contro la mia gonna. L'odore solforoso delle alghe, alcune conchiglie spezzate , l'onda senza forza che nasceva e moriva sul posto, mi diedero improvvisamente un terribile desiderio della Bretagna, delle sue mareggiate, dei grandi rotoli come quelli di Saint-Malo, che arrivano dal largo e tengono prigionieri, nel seno di un'onda verdastra, le costellazioni di meduse e di stelle a cinque punte, i bernardo l'eremita sballottati. Desideravo la rapida ascesa del flusso  che si impennacchia di schiuma e di spruzzi, rinfresca il mollusco caduto in deliquio per l'attesa e la magra ostrica di roccia, riapre i calici degli anemoni di mare e delle oloturie... Il Mediterraneo, non è mare...


Eugène Isabey - Rochers à Saint-Malo

giovedì 9 agosto 2012

le foglie del rosaio (Ada Negri)

Amo le foglie del rosaio, quando
spuntan, verdi non già, nell'aspro marzo,
ma d'un rosso di porpora, venato
di sangue se vi splende a tergo il sole.
Tali son forse i rami dei coralli
nell'intrico d'immobili foreste
sottomarine; ma il rosaio in terra
li vince con la sua bellezza viva
che in un'altra bellezza viva si trasforma
di dì in dì. Le foglie a mezzo maggio
larghe e verdi saranno , ed innervate
di forza; e il ramo, in vetta, avrà il suo fiore.






martedì 7 agosto 2012

GLI ARTISTI da "La vita quotidiana a Parigi ai tempi del Re Sole" di Jacques Wilhelm

Sotto Luigi XIV Parigi costituiva un vasto museo di architettura, scultura, pittura e arte decorativa. Ai retaggi dei secoli passati si aggiungevano ogni giorno nuove opere d'arte, che compensavano largamente le distruzioni causate dai mutamenti dei gusti e dal vandalismo umano. La creazione artistica aveva avuto un particolare momento di floridità durante il regno di Luigi XIII e la reggenza di Anna d'Austria. Se l'antica nobiltà, già fornita di numerosi palazzi, non aveva fatto costruire nuovi edifici se non in misura moderata, l'arricchimento della grande borghesia, il suo accesso alla "nobiltà di toga", i patrimoni accumulati in pochi anni dagli esattori delle imposte e dagli uomini della finanza avevano, in compenso, determinato la costruzione di numerose case, ampie e sontuose. Si era costruito talmente che i ritmi dell'edilizia privata ne risulteranno rallentati fin verso la fine del secolo, prima di riprendere vigore con l'espansione della città verso l'ovest e verso il nord e la creazione di nuove piazze reali. L'architettura religiosa, che aveva avuto un rigoglio prodigioso durante la prima metà del secolo, conoscerà un nuovo periodo di fulgore con la costruzione di varie chiese e della cupola degli Invalides, capolavoro dell'arte classica.Ogni nuovo edificio richiedeva evidentemente il concorso della scultura, per la quale nel 1660 si schiude un periodo di grande rilievo. I laboratori della capitale lavoreranno per Versailles, ma anche per Parigi, dove le statue del re, le figure mitologiche delle Tuileries, gli enfatici sepolcri delle chiese, i busti di cui si diffonde ampiamente la moda attestano le più elevate capacità artistiche. Nè i pittori avranno meno lavoro. Il re, i cortigiani, i grandi legulei, i banchieri e gli appaltatori delle imposte, l'amministrazione comunale parigina, gli ordini religiosi, il clero secolare, le corporazioni e le confraternite di mestiere ordineranno loro tantissimi dipinti. Ormai non abbiamo che un'idea molto incompleta di quell'immensa produzione. La metà degli edifici religiosi parigini sono stati distrutti dopo la Rivoluzione, al pari di un notevole numero di palazzi privati e, quand'anche sussistano gli edifici, essi hanno però perduto la maggior parte dei tesori artistici che contenevano.Naturalmente numerose pitture sono sfuggite a questa furia devastatrice e si possono ritrovare nei musei di tutto il mondo, dove sono esposte alla nostra ammirazione nelle condizioni più propizie. Staccate però dagli ambienti ai quali appartenevano esse hanno perso gran parte del loro significato....
...
E' interessante notare, nel XVIII secolo, la presenza di quest'idea che i ricchi collezionisti avevano il dovere di far vedere i propri tesori a chi volesse ammirarli. Alcune opere, uscite da poco dal pennello o dal cesello degli artisti migliori e poste nelle chiese o in palazzi privati, venivano segnalati alla loro attenzione dalla "Gazette de France" o dal "Mercure galant", i primi periodici dedicati all'attualità. Ma la principale fonte d'informazione era quella della trasmissione orale, o per lettera, che si diffondeva rapidamente in cerchie relativamente ristrette. Tale corrispondenza raggiungeva in Europa i principi, i grandi amatori e gli eruditi. A Parigi, appena avvertiti, gli interessati accorrevano a vedere i nuovi capolavori. Potevano ammirarli esattamente nei posti per i quali erano stati concepiti, cioè nella loro precisa dimensione, con i soggetti di queste opere che armonizzavano con la natura dei luoghi, le specifiche occasioni di devozione, i gusti dei committenti. Ogni anno, dal 1630 al 1707, il "Maggio" degli orefici - un grande quadro di soggetto religioso offerto da questa corporazione alla cattedrale,- attirava, il primo del mese, la folla dei curiosi e degli artisti, le cui appassionate discussioni disturbavano le preghiere dei fedeli nonchè la sonnolenza dei canonici.





lunedì 6 agosto 2012

pioggia d'estate

PIOGGIA D'ESTATE
OCCORRE ESSERE FORTI
MALINCONIA
TI POSI SULLE COSE
TRA GLI ALBERI - SUL CUORE


fotografia Piero Reggio

venerdì 3 agosto 2012

passeri a sera ( Giovanni Pascoli)

L'uomo che intende gli uccelli, i gridi
dei falchi, i pianti delle colombe,
ciò che le cincie dicono ai nidi,
e il chiù, che vuole più dalle tombe;

siede a un cipresso. Passa, e lavora
sempre, un aratro, là, là, soletto,
con qualche voce ruvida. E' l'ora
che vanno i bruni passeri a letto.

Chi vien dal monte, chi vien dal piano:
tutti al cipresso. Cantano : - Sì...

Ora, sebbene tu non ti scopra,
sappiamo quanto buono tu fossi
ponendo pietra su pietra, e sopra
facendo un tetto d'embrici rossi.

Per chi? Per questi passeri... E' breve,
di verno, il giorno, la notte è lunga.
tu vuoi che prima ci esca la neve,
tu vuoi che il sole prima ci giunga.

Le case fece la tua gran mano
pei tetti, e i tetti per noi coprì.

Hai cibi grati per noi, che sono
grandi pel nostro piccolo becco:
giorno per giorno, rompi tu buoni
con i tuoi stessi denti il pan secco;

spargi le bianche briciole, scuoti
la bianca tela; le spazzi fuori;
ma un pò lontano, come è nei voti
di questi buoni tuoi peccatori;

che, sì, vediamo tutto da un ramo,
lieti, ma in cuore timidi un pò.

Ed altro pensi, che spetrerebbe
tra l'alte nubi l'aquila e il falco!
Tu, prendi, appena sai che ci crebbe
famiglia, i chicchi d'oro dal palco;

esci all'aperto; spargi quei chicchi,
prodigo e cauto, tra due filari;
anzi, a che l'oro meglio ne spicchi
su quel pulito, v'erpichi ed ari.

E noi da un ramo, comodi, udiamo
quelle tue lunghe grida, Bi...Ro...


Vero che va volte ce li nascondi,
quei chicchi; vero; ma fai per giuoco.
Ma ecco, a volte son così fondi,
che noi diremmo, Badaci un poco!

Pure il tuo male mai non fa male:
quelli che copre l'invida zappa,
poi, col frinire delle cicale,
mettono un gambo, fanno una rappa:

che poi ci sgrani... Dal male il bene.
bene che nasce, male che fu.-

Ma già i minori dormono. Soli
vegliano i vecchi. C'è chi sospira:
- Ahimè! talvolta di noi ti duoli!
Sei giusto, eppure grave nell'ira.

Or che i novelli tengono i capi
sotto le alucce, vicino al cuore,
lo dico, mentre tacciono l'api,
le mosche, i ragni, tutto. si muore!

Tu ci vuoi bene, certo... ma il bene
tuo lo vorremmo per un pò più...-

E' già nell'ombra tutta la valle:
sui monti un raggio trema del giorno.
Già le notturne grandi farfalle,
coi neri teschi, ronzano intorno.

Oh! quel diluvio con che noi vivi
tu pigli, grandi, piccoli, troppi!
Oh! quel baleno con che ci arrivi
fino su l'alte cime dei pioppi!

Ma da te viene ciò che ci piace:
forse anche questo ci piacerà.-

Dormono. L'uomo parte. Il cipresso
freme di nuovi brevi bisbigli.
C'era non visto dunque sì presso!?
Su, la zampina... non c'è più, figli!-

Va l'uomo, e nero tu nell'azzurro,
cipresso pieno d'anime, affondi.
Va l'uomo, ed ora bada al sussurro
che fan tra loro fievole i mondi,

su, fitti fitti, piccoli, in pace,
nell'infinita serenità.


fotografia Piero Reggio


giovedì 2 agosto 2012

mercoledì 1 agosto 2012